La fiducia – riflessione di don Davide Rota

    Che la fiducia non abbia mai goduto di buona fama, è evidente, se la sapienza popolare ha coniato il detto:Fidarsi è bene; non fidarsi è meglio. Ma che oggi la mancanza di fiducia stia diventando patologica, lo conferma il dilagare delle telecamere e degli infiniti altri mezzi di controllo della realtà, la crescente diffidenza nei confronti dell’altro, il culto ossessivo della privacy, la difesa accanita del proprio spazio vitale…E’ come se la gente non capisse o non volesse più capire più una verità così evidente da essere elementare e cioè che è la fiducia è la condizione per una vita generosa e serena; che senza personale e reciproca fiducia sarebbe impossibile agli uomini di comunicare, collaborare, interagire tra di loro…in una parola di vivere.

    Che è la fiducia (fede) in Dio buono e provvidente la garanzia della sostanziale bontà del mondo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). Che dire “Mi fido di te” significa vedere l’altro come buono, rinunciando a esigere troppe prove o garanzie, accettando il rischio di dirgli, ma anche di sentirsi dire le più belle parole del mondo: “Ti voglio bene, ti amo”. Certo fidarsi non è né facile, né spontaneo, ma difficile e rischioso: esige una buona dose di coraggio cioè il contrario del cinismo intellettuale di W. Faulkner: “Fidati solo dei cattivi. Quelli almeno non cambiano” o dell’ambiguo affetto agli animali “perché loro non ti tradiscono mai!” a cui corrisponde la crescente diffidenza nei confronti degli umani.

    Proprio perché è indispensabile come l’aria che respiriamo, la fiducia ha bisogno di qualità: deve essere semplice, ma non ingenua (“siate semplici come colombe, ma prudenti come serpenti” Mt 10,16); amante della verità e misericordiosa (“ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” Lc 6,27). La fiducia esige capacità di discernimento (“Gesù non si fidava di loro perché li conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno lo informasse sull’uomo” Gv 2,23-25) per offrirla in dono a buoni, giusti e generosi; per sottrarla a malvagi, ipocriti e disonesti; per restituirla a poveri, sofferenti e scoraggiati.

    Essa va rinnovata continuamente, ma soprattutto va costruita su un fondamento solido: ce lo indica Geremia che se da una parte mette in guardia dal fidarsi di sé (“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e pone nella carne il suo sostegno”) dall’altra esorta a riporre la propria fede dell’Unico che ne è degno in modo totale e incondizionato: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore. Egli è come un albero piantato lungo l’acqua, verso la corrente stende le radici, non smette di produrre frutti” Ger 17,5ss. Solido fondamento che fa di noi persone fiduciose e fedeli cioè affidabili, capaci di dare e degne di ottenere il dono non solo della fiducia, ma anche delle sue due inseparabili compagne: la speranza e l’amore.

    – don Davide Rota –

     

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