Ci sono date importanti in ogni famiglia che rompono la routine e offrono il senso e il valore della ferialità. Anche nella nostra comunità ci sono date che sono opportunità per fare memoria del passato, continuando a gettare lo sguardo verso il futuro. Una di queste date significative per la Ciudad de los Niños è l’anniversario della nascita di padre Antonio Berta: 27 febbraio 1927.

Nella nostra chiesa ci sono dei bauli molto antichi che contengono alcune foto e agende di p. Antonio. Non sono certamente grandi diari spirituali… a dir la verità con tutti quei numeri, addizioni e bilanci economici sembrano più manuali di economia finanziaria!

Mi colpisce l’agenda del 1993, con scritti di p. Antonio per lo più in italiano, e con alcuni spunti pastorali e spirituali che risultano attuali ancora oggi.

13 agosto 1993: Scrive p. Berta: “Pensieri in ordine al Patronato San Vincenzo in questo momento. Il Patronato si mantiene giovane se è sempre pronto a cambiamenti, pur rimanendo fedele ai suoi valori fondamentali voluti da don Bepo. (…) Ho sofferto molto in Bolivia e so che il fardello negli anni si fa sentire, le energie sembrano mancare; bisogna vivere e far vivere. E così la soluzione non sta solo nello sperare ma nella fiducia in Dio, negli altri e in se stesso. Forse nella vita è capitato di tutto. Durante il viaggio qualcosa di bene e di male, luci e ombre, abbandoni e rinuncie. Ma alla sera ritrovandomi con me stesso una cosa mi dispiace: non aver amato abbastanza.”

Ritroviamo in queste parole il senso del cambio del modello educativo nella Ciudad de los Niños, cioè quello di coltivare il diritto per ogni minore di vivere in una famiglia. Ci è sembrato in questi anni un cambio importante, che considera l’individualità e la personalità di ogni ragazzo, il suo progetto di vita e le sue radici familiari. Ci è sembrato però soprattutto un cambio “fedele ai valori fondamentali” che da anni guidano la Ciudad de los Niños e tutto il Patronato: la scelta preferenziale per i giovani, i “nuovi poveri” e gli “ultimi”.

Ritroviamo in queste parole anche una semplice riflessione sulla dimensione esistenziale del vivere, sulle luci e le ombre che ognuno di noi traccia nella propria vita e nella vita degli altri. Durante il viaggio… si contempla, si dialoga, si entra in intimità con qualcuno, si ascolta, ci si affatica, si ha sete. Durante il viaggio non solo si scoprono cose nuove; ti scopri. È forse in questa scoperta di se stesso che a un certo punto della sua vita p. Berta giunge a dire “ho sofferto molto in Bolivia”. Si soffre quando si ama, ci si dona, senza misura, con profonda umiltà. Le incomprensioni sperimentate, i limiti personali e le stanchezze di ognuno di noi aprono alla sofferenza, ma ne offrono anche il suo senso più profondo: solo per amore. E non importa “se non è abbastanza” l’amore . L’importante che sia tutto e autentico.