FRIESEKE, Frederick Carl_La casa en Giverny, c. 1912_(CTB.1987.14)

Riflessione del giorno

venerdì 24 luglio ’20

By Patronato S. Vincenzo

July 23, 2020

 

 

 nell’immagine un dipinto di Carl Frieseke

 

 

XVI Settimana tempo Ordinario

 

Proverbio «L’uomo sapiente è capace di adattarsi alle sorprese della vita (Cina)».

 

Iniziamo la giornata Pregando

Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell’ esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore…Amen

 

Charbel (Giuseppe) Makhluf Sacerdote

Youssef Antoun Makhlouf nacque in Libano, nel 1828. Nel 1851 entrò nell’Ordine Libanese Maronita, nel monastero di N. Signora di Mayfouq, vestì l’abito religioso e cambiò nome in fratel Charbel. L’anno successivo si trasferì al monastero di S. Marone ad Annaya, sulla montagna di Byblos, dove emise i voti solenni il 1°-11-1853. In seguito fu mandato al monastero di Kfifan dove completò gli studi teologici. Dopo l’ordinazione sacerdotale, tornò ad Annaya e, 6 anni dopo, ottenne di poter diventare eremita nell’eremo dei SS Pietro e Paolo, non lontano dal monastero. Visse in quel luogo 23 anni, digiunando, pregando e lavorando nei campi. Il 16-12-1898, mentre celebrava la Messa, fu colpito da apoplessia: morì dopo 8 giorni di agonia. È stato canonizzato da Paolo VI. I resti mortali sono venerati nel monastero di S. Marone ad Annaya.

 

La Parola di Dio del giorno

Gesù disse ai discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il 100, il 60, il 30 per 1».

 

Riflessione del giorno (L. Curini – A. Molle)

La cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca. «Il complesso era stato edificato sulla riva della Moscova, a pochi passi dal Cremlino, per celebrare la vittoria di Alessandro I su Napoleone. I lavori durarono quasi mezzo secolo e venne definitivamente consacrata nel 1883 divenendo la più grande chiesa ortodossa al mondo. Nel 1931 venne distrutta per costruire il Palazzo dei Soviet, un monumento al socialismo che doveva sostenere una gigantesca statua di Lenin. Questo però non vide mai la luce per problemi strutturali e per mancanza di fondi in un paese che era stato devastato dalla guerra. Il buco lasciato per costruire le fondamenta del Palazzo dei Soviet rimase allagato finché Chruščëv decise di trasformarlo nella più grande piscina aperta del mondo. Nel 1990 venne autorizzata la ricostruzione della cattedrale e la direzione artistica dei lavori venne affidata a Cereteli, che rivisitava il progetto originale alterando alcune proporzioni. Nel 2000 veniva definitivamente “restituita” alla città di Mosca una cattedrale che simboleggiava il ritorno alla cristianità dopo la parentesi comunista».

 

Intenzione del giorno

Preghiamo perché il Signore ci custodisca dal male e ci liberi dalle tentazioni

 

«Vai a dormire, cara, tanto non muoio, devo solo trovare la posizione per riaddormentarmi», le ha sussurrato. «Perché, pensi di morire?», gli ha chiesto lei, con quel tono tra l’ironico e il materno di chi vuole sdrammatizzare ma non riesce a nascondere un’ombra di preoccupazione. «No», le ha risposto. «Non farmi scherzi eh?», gli ha sorriso lei prima di tornare nell’altra stanza. Erano le 3,30 della notte tra il 14/15 marzo e questo è stato il tenerissimo addio tra un marito e una moglie ai tempi del coronavirus. Perché quando Maruska Capoferri, due ore più tardi, è tornata a controllare, Diego Bianco, 46 anni, stava già cominciando ad andarsene. Crisi respiratoria improvvisa, acutissima, poi arresto cardiaco. «Era tardi, troppo tardi – racconta la donna, volontaria della Croce Rossa di Seriate – gli ho praticato il massaggio cardiaco. Ho chiamato aiuto, una vicina di casa infermiera è accorsa… Ho telefonato alla centrale operativa, gli operatori sono stati bravissimi, mi hanno dato indicazioni, spronato, fino a che, 20 minuti dopo, sono arrivati ambulanza ed elicottero: han cercato di intubarlo, non si sono tirati indietro, ma non c’è stato nulla da fare. È stato strano telefonare alla centrale e spiegare che era un loro collega a dover essere soccorso. Hanno un po’ faticato a realizzare, perché di solito stanno sempre dall’altra parte, dalla parte di quelli che aiutano, non di quelli che hanno bisogno». Ecco, Diego Bianco era uno di quelli che spendono la vita ad aiutare. «Era la sua missione», confida Maruska. Si erano conosciuti una quindicina d’anni fa durante i turni da volontari alla Cri di Seriate. Poi si erano sposati, erano andati a vivere a Montello e avevano avuto un figlio, Alessio che ha 7 anni. Diego all’epoca lavorava come conducente di ambulanze alla Casa di riposo di via Gleno a Bergamo, poi era passato al Bolognini di Seriate, autista del direttore generale Amedeo Amadeo. Che lo ricorda così: «Un ragazzo d’oro, straordinario. Sono affranto. Già all’epoca sognava di rendersi utile come operatore del 118 e alla fine ce l’aveva fatta». Già, perché dopo un’esperienza all’ospedale di Treviglio, Diego nel 2013 aveva vinto il concorso ed era entrato a far parte come tecnico della sala operativa regionale emergenze e urgenze Alpina (coordina interventi di Bergamo, Brescia e Sondrio), che ha sede al Papa Giovanni. Rispondeva alle chiamate smistate dal 112 e decideva quale mezzo inviare e con quale codice. Ma il nuovo lavoro prevedeva anche turni sulle ambulanze, l’incarico prediletto da Diego, che da quando era stato assunto alla centrale operativa aveva dovuto dire addio per incompatibilità al volontariato alla Cri. «E per compensare la voglia di aiutare sul campo -racconta la moglie-, era entrato nella Protezione civile, fino a diventare due anni fa capogruppo della sezione di Montello e Costa di Mezzate». L’ultimo turno sull’autolettiga a Ponte S. Pietro, la notte del 23 febbraio, poche ore dopo che il coronavirus si era presentato nella Bergamasca. Il 46enne comincia a star male una dozzina di giorni più tardi, il 6 marzo, dopo la notte trascorsa alla centrale. Malessere, tosse, febricciattola, che il giorno successivo era salita a 38,5°. C’erano già stati casi di colleghi malati, la sala operativa – dove non c’è contatto coi pazienti, ma lavorano a turno medici e infermieri che operano sulle ambulanze – nei giorni scorsi aveva chiuso mezza giornata per essere sanificata. «Pensavamo a un’influenza normale -osserva Maruska-, ma forse Diego se lo sentiva di aver contratto il virus, perché aveva passato i suoi ultimi giorni di lavoro a rispondere alle chiamate di gente contagiata che esponeva i sintomi. Mercoledì 11 gli hanno fatto il tampone, venerdì 13 è arrivato l’esito: positivo. Dormivamo in stanze separate sin dall’inizio dei sintomi. Io, dopo l’esito del tampone, gli avevo già preparato la borsa per il ricovero in ospedale. Ma lui non voleva andarci, perché non avremmo più potuto avere contatti». Diego Bianco non fumava, non beveva, non è mai stato affetto da altre patologie. «Il nostro medico di base credo non lo conoscesse nemmeno», rimarca la moglie. Se n’è andato all’improvviso, durante quella che all’inizio sembrava un’influenza. «Non lo avrei mai immaginato», sospira Maruska, che nel giro di poche ore s’è trovata a piangere sulla bara del marito. Non ti preoccupare, torna a dormire, sono state le sue ultime parole. «Col senno di poi, voglio pensare che sia stato il suo modo di dirmi addio».