Ha le mani ridotte a moncherini: in una non ci son più le dita e nell’altra è rimasto solo qualcosa del pollice: “Ho avuto un incidente da ragazzo e da allora ho imparato ad arrangiarmi con quel che mi è rimasto”.
Ma se la cava bene vista la disinvoltura con la quale usa il cellulare. “In questi giorni ho avuto il permesso di soggiorno e sto cercando un lavoro”.
E’ un latino americano di mezz’età, ha la faccia da buono, ma chi lo prenderà con le mani ridotte in quello stato? Gli propongo: “Si potrebbe tentare di ottenere una pensione di invalidità…”, ma mi interrompe subito: “Nel mio paese facevo il saldatore e ho sempre lavorato”. “Perché non è rimasto giù allora?”.
La domanda è indelicata, ma lui non sembra farci caso: “Il covid19 mi ha portato via i genitori e sono rimasto solo: i miei fratelli sono a Bergamo e mi hanno invitato a raggiungerli, ma non voglio pesare su di loro…”.
L’ho portato in un laboratorio di saldatura: “Come facevi a saldare con quelle mani?” gli hanno chiesto: “Mi legavano un ferro speciale all’avambraccio e con quello facevo sia la saldatura ad arco che con le bombole”.
Ma finora nessuno gli ha dato la possibilità di dimostrare le sue capacità e lui sembra amareggiato più per questo, che per il suo handicap.
– don Davide Rota