Il Giovedì santo ci consegna il testamento di Gesù: AMATEVI COME IO VI HO AMATI.
Questo testamento è per noi, perché stia in cima ai nostri pensieri e in fondo al nostro cuore: perché, ogni giorno e in tutti i tempi, anche quelli cattivi, che segnano i nostri passi, non ci scordiamo mai il centro focale della nostra vita, il senso del nostro impegno, la linfa che rigenera le nostre relazioni.
Senza Gesù, senza il suo pane, la nostra vita non è feconda, ma sterile e la sterilità che non genera vita è la condanna peggiore. È vivere per sé stessi, in balia del proprio capriccio, della propria volontà di potenza, ossessionati dalla ideologia del momento che oggi ha due volti: quello del narcisismo e quello del pessimismo. Due volti che inducono a vivere come isole, a idolatrare sé stessi, a nutrire il proprio “io”, consumando il prossimo e piegando al solo proprio nutrimento ogni opportunità. Il testamento di Gesù è chiaro: Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi. Un comandamento che è per ogni tempo.
L’eucaristia che celebriamo ogni giorno ravviva in noi l’impegno a portare il pane dell’ultima cena, il pane della Pasqua sulla tavola avvolta da tenebra rovente del mondo. In un mondo di glaciale egoismo l’eucaristia impegna a condividere il tesoro di pace e di amore affidato al nostro cuore, seminando pace nelle nostre giornate.
La guerra – ci ha ricordato il Papa in questi giorni – va sminata nel momento per momento, nella nostra vita; va arrestata nei cuori prima che arrivi al fronte. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di rispetto, di ascolto, di capacità creativa. La guerra è una pazzia, un mostro, un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato.
Il Giovedì Santo è dono totale di sé, fino alla fine.