Dopo le linee guida per una «comunicazione inclusiva» che la Commissione europea ha elaborato al fine di garantire che tutti siano riconosciuti in modo corretto indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale immaginiamo che prima o poi dalla stessa commissione sarà rivolto alla Chiesa un pressante invito a una traduzione della Bibbia che recepisca i nuovi orientamenti.
Così ad es. il passo di Matteo 15,30: “Attorno a lui (Gesù) si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì…” stando alle direttive della suddetta commissione europea dovrebbe essere tradotto più correttamente: “Attorno a lui (Gesù) si radunò molta folla che recava con sé persone con ridotta funzionalità degli arti inferiori, persone ipovedenti, persone con disabilità uditiva e molti altri diversamente sani e li avvicinarono a Gesù che li congedò senza guarirli…”
Sì, perché il miracolo di guarigione avrebbe comportato il riconoscimento di fatto della loro condizione di disabilità rispetto a chi impropriamente è detto “normale” e perciò sarebbe stato non inclusivo, discriminante e lesivo dell’uguaglianza di tutti a prescindere da “sesso, origine etnica, religione ecc.”. Nel caso non si fosse capito, stiamo scherzando. Ma, dopo ciò che è capitato in questi giorni, neanche troppo.
– don Davide Rota