Un lupo vide un agnello che beveva dal torrente e gli venne voglia di mangiarselo con qualche pretesto. Standosene a monte, cominciò ad accusarlo di sporcare l’acqua, così che egli non poteva bere.
L’agnello gli fece notare che, per berla, sfiorava appena l’acqua e che, stando a valle, non gli era possibile intorbidire la corrente a monte.
Venutogli meno quel pretesto, il lupo gli disse: “Ma tu sei quello che l’anno scorso ha insultato mio padre!”.
E l’agnello a spiegargli che a quella data non era ancora nato. “Sei proprio bravo a inventare scuse per tutto” gli disse il lupo, che gli saltò addosso e lo mangiò.
Questa storia, scritta nel VI secolo a. C. dal favolista greco Esopo, è più che mai attuale, segno che certi comportamenti abusivi non cambiano mai. O forse no.
Se infatti ai tempi di Esopo il lupo era lupo e l’agnello, agnello, oggi siccome si è più istruiti, si sospetta che l’agnello non sia così innocente come sembra e il lupo non abbia torto a volerselo mangiare.
Ciò succede in un mondo dove, essendo il libero pensiero un inalienabile diritto, bisogna imparare di nuovo almeno a distinguere fra lupi e agnelli, per evitare di creare pericolose confusioni tra vittime e carnefici.