Operaio bresciano classe 1935, a 21 anni chiese di entrare nel Patronato S. Vincenzo: uno dei preti dopo pochi giorni lo giudicò inadeguato al ruolo di educatore. Ma don Bepo non gli diede retta e a 33 anni il nostro fu ordinato prete.
Era il 1968 e i seguenti 57 anni li passerà tutti al Patronato come vicerettore, rettore, parroco e superiore e negli ultimi anni come custode della memoria e garante del carisma dell’istituzione. Amava la montagna e i fiori; indossava improbabili maglioni e variopinti berrettini senza compromettere la dignità sacerdotale.
Scriveva lettere piene di francobolli colorati e nel refettorio dei preti faceva appendere vistosi cartelloni di auguri per i compleanni e gli onomastici dei confratelli. Non parlava male di nessuno, ma usava una sottile e garbata ironia con tutti, compreso sé stesso.
Per la cura del monumento alla Madonnina della casa centrale e la realizzazione del presepio nella Casa del Giovane si faceva aiutare da due marocchini che gli volevano un mondo di bene e da tanti altri a cui aveva concesso credito e fiducia commoventi.
Non aveva nulla di suo, se non gli infiniti ritagli che raccontavano la storia dei preti e laici del Patronato e siamo certi che sul suo conto corrente non ci saranno che pochi spiccioli, ma la sua carità è rimasta tutta nascosta.
Ha amato tutti e da tutti è stato amato e di lui si può dire quello che S. Agostino disse di S. Pietro e S. Giovanni: «Pietro è più buono perché ha amato Gesù, ma Giovanni è più felice, perché è stato amato da Gesù». Il suo nome? Don Giuseppe Bracchi morto nell’abbraccio di Dio venerdì 11 aprile alle ore 12,15.