Domenica 22 settembre la festa degli ex allievi del Patronato S. Vincenzo si svolgerà presso la Casa del Giovane perché l’antico edificio edificato da don Bepo Vavassori settanta anni fa è interessato a una grande e importante opera di restauro. Alle ore 10 nell’auditorium del Conventino, don Davide Rota illustrerà il piano di ristrutturazione della Casa Centrale e come si sta provvedendo alla ricollocazione degli immigrati per il tempo della durata dei lavori. Alle 11 presiederà la celebrazione eucaristica, al termine della quale saranno date informazioni sul proseguo della Causa di beatificazione/canonizzazione del servo di Dio don Giuseppe Vavassori. Seguirà pranzo presso la mensa della Casa del Giovane.
La vigilia – sabato 21 settembre alle ore 21 – presso all’Auditorium della Casa del Giovane è in programma un concerto Gospel il cui ricavato sarà a beneficio delle opere del Patronato. Il coro S. Antonio David Singer presenterà un interessante repertorio, un viaggio tra canti spiritual e gospel, due forme musicali nate oltre due secoli fa dagli schiavi africani impiegati in America nei lavori più faticosi.
Ricorre quest’anno il cinquantesimo dell’ultima festa trascorsa da Bepo vivente coi suoi ragazzi e giovani. Chi era presente il 22 settembre 1974 ricorda che don Bepo, dopo una carrellata riconoscente sui binari della storia, disse: «Siamo cambiati, siete cambiati: avete una famiglia, mirate a una vita tranquilla. Eppure spesso non siamo soddisfatti: siamo cambiati anche internamente?». Un monito a non perdere la memoria delle origini e a ridare splendore ai valori dello spirito sempre vivi nella storia del Patronato. Nella circostanza, don Bepo raccontò la prodigiosa opera della
Provvidenza a favore del piccolo Daniele, figlio di un ex allievo, che doveva essere sottoposto a un intervento estremamente delicato che solo in una clinica di Zurigo aveva una certa possibilità di riuscita; ma occorreva denaro, e molto. Il papà del bambino si rivolse a don Vavassori che coinvolse i suoi ragazzi; non disse come si chiamava il piccolo, né chi fosse suo padre: disse solo che un bambino aveva bisogno di aiuto e chiese che lo aiutassero.
Cominciò così una formidabile gara di generosità: in pochi giorni arrivarono quasi 11 milioni e mezzo di lire. Erano state mandate 6.597 lettere; un quarto risposero all’appello. Per l’intervento furono spesi circa 6 milioni; gli altri soldi servirono per un fondo di eventuali interventi d’urgenza. «Quel che avete fatto – disse agli ex allievi il medico che aveva seguito tutta la vicenda del bambino malato – mi ha insegnato molte cose che, in studi e in anni di pratica, non avevo mai appreso: che la vera fratellanza e la carità cristiana vera – quel che manca oggi in troppa parte del mondo – esistono ancora. Daniele, era presente quel giorno e quando don Bepo chiuse la riunione dormiva in braccio al suo papà.
La carità imparata e vissuta un tempo e tuttora praticata al Patronato nasce dalla fede, perché la carità è come una barca a vela, per prendere il largo ha bisogno del vento dello Spirito Santo: senza la sua forza e la sua grazia, noi si va lontano.
E un altro pensiero hanno custodito gli ex allievi presenti cinquant’anni fa. Don Bepo affidò loro una consegna di permanente attualità che fa di lui un profeta di speranza: «La vita è bella; ma tutti giorni io ho in mente il punto di arrivo: l’ho in mente come una conquista. Allora, ve l’ho detto tante volte, mi metterò alla porta del Paradiso per ricevervi come oggi, per avere la gioia di vedervi entrare tutti. Questo chiedo al Signore».