23. settimana tempo ordinario
Avvenne l’11 settembre…
9 – Teutoburgo: grave sconfitta dei romani, che blocca il loro tentativo di espansione in Germania
831 – Conquista islamica di Palermo
1960 – Si chiude a Roma la XVII Olimpiade
1961 – Nasce il WWF.
1973 – Golpe in Cile: Augusto Pinochet al potere. Il presidente Allende ucciso nell’attacco al Palacio de La Moneda.
2001 – Attentati 11 settembre: 4 aerei sono fatti schiantare sui due grattacieli del World Trade Center, sul Pentagono e in un campo in Pennsylvania, causando migliaia di vittime.
Aforisma di G. K. Chesterton
“L’uomo che uccide un uomo uccide un uomo. L’uomo che si uccide, uccide tutti gli uomini.”
Preghiera Colletta
O Padre, che ci hai liberati dal peccato e ci hai donato la dignità di figli adottivi, guarda con benevolenza la tua famiglia, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Santo del giorno
BEATO FRANCESCO BONIFACIO
Parola di dio Luca 6,27-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica.
Dai a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso.
E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Riflessione di don Arturo Bellini su don Bepo
La parabola non è difficile e ora vi mostro le nozze di cui qui si parla se noi siamo chiamati, e insieme ci domanderemo se abbiamo seguito l’invito e se per contrario ci siamo rifiutati con qualche scusa al banchetto. Don Giuseppe Vavassori (1913).
Don Bepo la spiega ai suoi giovani allievi così: «Il Re che ha offerto questa mensa è il Padre eterno; è Gesù Cristo che chiama e la festa a cui ci invita è l’entrare nella chiesa cattolica e l’offrire agli uomini di [venirci] convintamente e così godere gli inestimabili benefici che vi apportano all’amore col farsi cristiani […]. Questo banchetto simboleggia il Sacramento dell’Eucarestia».
Poi annota: «Parliamo volentieri e voi ascoltate docili il parlare di questo SS. Sacramento, di questo Gesù che se ne sta continuamente tra noi, perché lo amiamo, ma purtroppo sì poco amato, sì poco conosciuto, ma tanto dimenticato, tanto offeso». S. Charles de Foucauld ripeteva spesso «Imitiamo, imitiamo Gesù! L’imitazione è figlia, sorella, madre dell’amore.
Imitiamo Gesù perché l’amiamo; imitiamo Gesù per amarlo maggiormente! Imitiamo Gesù perché lui ce lo comanda e perché obbedire è amare». Don Bepo ai suoi giovani vuole evidenziare che la presenza di Gesù nell’Eucarestia attende risposta: attende che lo amiamo. Ma constata che l’amore non è amato e non riesce a farsi strada nel mondo. Vi è troppa superficialità della conoscenza di Gesù: non viene compreso in profondità. Don Bepo incoraggia a superare la debolezza dell’amore che porta all’infedeltà e al peccato, e a vivere una fede più profonda e radicata.
Chi ama veramente Gesù, vive in Lui; dimentica le preoccupazioni del proprio “io”; condivide l’amore e le sofferenze di Gesù per il bene dell’umanità. Fissa lo sguardo su Gesù Eucaristia e sussurra semplicemente: “Gesù mi fido di Te”. Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente.
Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: «Dimmi, Piero, come stai a fede?». Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: «lo mi fido di te». Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: «lo mi fido di te». Ed è la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: «lo mi fido di Te».
Intenzione di preghiera
Preghiamo tanto perché solo Dio può aiutare questo nostro mondo sconvolto dalla prepotenza e ferocia più disumana a trovare la via della fede e della ragionevolezza che portano alla pace.
Don’t Forget! Santi e Beati della Carità
S. FRANCESCO MARIA da CAMPOROSSO
Al secolo GIOVANNI CROESE (1804-1866)
Laico Cappuccino
S. Francesco Maria da Camporosso – che il popolo venera col nome di PADRE SANTO – nacque a Camporosso, presso Ventimiglia, il 27-12-1804 da modesti e pii genitori: Anselmo Croese e Antonia Maria Garzo. Trascorsi gli anni giovanili nell’umiltà del lavoro dei campi e della custodia del gregge, sentì la voce di Dio che lo chiamava alla vita religiosa. A 21 anni venne accolto nel Convento dei Cappuccini di S. Barnaba in Genova per l’anno di noviziato.
Dopo di che scese nel Convento della SS. Concezione, dove rimarrà fino alla morte. Nei primi anni esercitò gli umili uffici della vita conventuale: cuoco, infermiere, aiuto cercatore. Poi fu fatto “cercatore di città” (questuante). Per 40 anni fu esempio di virtù, nel silenzio del chiostro, come nelle strade rumorose della città e tra la gente indaffarata del Porto. Umile “poverello di Cristo”, fu “più beato nel dare che nel ricevere” e per tutti ebbe “pane, consiglio, conforto”.
Con candore d’animo e semplicità di cuore, disseminò grazie e miracoli tra i molti che a Lui ricorrevano. Fu proprio dal popolo che sorse il grido di “Padre santo” per designare frate Francesco ed esprimere l’ammirazione e la gratitudine di quanti erano stati beneficati dalla carità dell’umile frate. Terminò la sua vita con un atto sommo di carità offrendosi vittima per il popolo genovese nella epidemia di colera del 1866.
Morì il 17 settembre. Il suo corpo è venerato nella chiesa dove visse. Fu beatificato da Pio XI il 30 giugno 1929. Giovanni XXIII lo canonizzò il 9 dicembre 1962, durante il Concilio Ecumenico Vaticano II. È Patrono della gente dei porti e del mare.