29th December 1955: Victor Korchnoi of Russia in play against Jesus Diez del Corral of Spain at the International Chess Congress in Hastings. (Photo by Folb/Topical Press Agency/Getty Images)

Riflessione del giorno

giovedì 14 maggio ’20

By Patronato S. Vincenzo

May 13, 2020

 

nell’immagine Viktor Lvovich Korchnoy Korchnoi candidato per il Campionato del Mondo in dieci occasioni, nel settembre 2006, ha vinto il Mondiale Campionato maggiore di scacchi

 

 

V Settimana del Tempo Pasquale

 

Aforisma del Giorno (Robert Louis Stevenson)

La politica è forse l’unica professione per la quale non si ritiene necessaria alcuna preparazione.

 

Iniziamo la Giornata Pregando (Preghiera)

Signore non so cosa chiederti: tu sei il solo a sapere ciò che mi occorre. Concedimi ciò che non sono in grado di chiedere per me stesso. Non ti chiedo né la croce né la consolazione. Tu vedi i bisogni che ignoro: agisci secondo la tua misericordia.  Accolgo la tua volontà e a te mi dono interamente. In me non c’è se non il desiderio di fare la tua volontà. Insegnami a pregare. Prega tu stesso dentro di me. 

 

Mattia Apostolo

Di Mattia si parla nel primo cap. degli Atti degli apostoli, quando è scelto con un sorteggio a ricomporre il numero di dodici, sostituendo Giuda. Dopo Pentecoste, Mattia inizia a predicare, ma non si hanno più notizie su di lui. Le sue reliquie sono venerate a Treviri.

 

La Parola di Dio del giorno (Giovanni 15,9-17)

Gesù disse: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». 

 

La riflessione del giorno (don Davide Rota)

Nel Vangelo (Gv 14,1-12) della 5a domenica di Pasqua Gesù parla ai discepoli riuniti nel cenacolo della sua partenza verso un luogo di cui loro, i discepoli conoscono la via. Al perplesso Tommaso che gli obietta: “Signore non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”, Gesù risponde: “Io sono la via, la verità e la vita”. Ma cosa significa che Gesù è la via? Per comprenderlo partiamo da tre affermazioni di altrettanti noti scrittori del nostro tempo: 1) “C’è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare” Franz Kafka, scrittore boemo di lingua tedesca. 1883-1924. 2) “Caminante son tus huellas el camino y nada más. Caminante, no hay camino, se hace camino al andar…” (Viandante, sono le tue orme il cammino e nulla più; Viandante, non esiste sentiero: si fa la strada nell’andare). Antonio Machado, poeta spagnolo 1875-1939. 3) «Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati». «Dove andiamo?». «Non lo so, ma dobbiamo andare» Jack Kerouac scrittore Usa, 1922-1969. Sia il vangelo come i testi citati hanno tre elementi in comune: la via, il camminante, la meta. I primi due sono ovvi: la vita di ogni persona si può paragonare a una camminata più o meno lunga, più o meno piacevole e interessante verso una meta che nel peggiore dei casi coincide con la morte; nel migliore va oltre la stessa…Dei tre elementi due sono certi, sicuri (il camminante e la via); il terzo rimane misterioso. Cosa dicono i tre scrittori? Kafka suggerisce che la meta c’è, ma non la via: come a dire che la nostra vita ha un senso, un fine, uno scopo, una meta, ma essendo questa misteriosa e irraggiungibile non rimane che rassegnarsi o disperarsi.

Machado è ancor più radicale: oltre a non esserci la via (Viandante, la strada non c’è…) non c’è neppure la meta: ci son solo i tuoi passi, le tue orme, il segno che lascerai nella storia (sono le tue impronte il cammino, niente più): un chiaro invito a vivere con responsabilità e in pienezza la propria vita senza perdere il tempo a cercare scopi o mete inesistenti. Infine Kerouac è il più possibilista: il suo romanzo “On the road” (sulla strada) fa venire in mente le strade americane diritte e senza fine che attraversano luoghi deserti perdendosi all’orizzonte…Viandante –sembra volerci dire lo scrittore- non sai dove porti la via, ma la via c’è e allora percorrila…da qualche parte arriverai. Questo è il clima culturale in cui siamo immersi. Ma cosa dice Gesù? Egli dice che esiste non solo la meta, ma anche la via che vi conduce. La meta di cui parla Gesù è la più desiderabile possibile: è “la casa del Padre mio” –dice Gesù- dove c’è un posto per tutti e il posto giusto per ognuno. Ma la meta di cui parla Gesù rimane irraggiungibile per noi…a meno che da quell’inaccessibile traguardo, uno sia venuto sino a noi, ci abbia raggiunto nel nostro mondo per aprirci la via di accesso. Questo lo ha fatto Gesù: ci ha aperto la strada al Padre, al Regno, alla casa destinata a noi in cielo. E per facilitarci l’accesso (altrimenti impossibile) si è fatto lui via, strada, cammino.

La strada su cui nella fede camminiamo è la persona di Cristo. Non solo: il viandante misterioso che ci affianca per accompagnarci, ci precede per guidarci, ci segue per proteggerci è ancora lui, Gesù. E fra le mille strade del mondo solo Lui è quella giusta e sicura perché solo Lui è la verità: infatti tutto ciò che egli pensa, lo dice e tutto ciò che dice, lo compie. In lui cioè verità e vita coincidono. Ecco perché «dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati», perché di certo arriveremo. Ecco perché quando non sembra esserci via d’uscita bisogna comunque andare avanti, perché come dice il non credente Machado «sono le tue orme il cammino…e camminando si costruisce la via”. Ma questo se lo fai da solo, delle tue orme e della via che hai costruito non rimarrà traccia; ma se lo fai con Gesù nulla andrà perduto e tutto ti sarà restituito. Anche tu sarai restituito a te stesso e al pastore che non perde nessuno di quelli che Dio gli ha affidato (Gv 18,9) ma li conduce alla meta. Perché se Gesù è la via –come diceva S. Agostino- si arriva in Paradiso senza fatica, quasi senza accorgersi.  

 

Intenzione del giorno

Preghiamo perché percorriamo volentieri la via che è Gesù, verità e vita del mondo.

Adamo Chmielowski, nacque presso Cracovia (Polonia), il 20-8-1845, primo di 4 figli, da Adalbert e Józefa Borzystawska, di famiglia nobile. Rimasto orfano dei genitori, fu affidato a una zia. Nel 1863 scoppiò in Polonia l’insurrezione contro l’oppressione zarista e Adamo vi aderì con entusiasmo, ma rimasto ferito, fu fatto prigioniero e gli fu amputata, senza anestesia, la gamba sinistra, dimostrando grande coraggio. Grazie all’aiuto di parenti, fuggì dalla prigionia e lasciò la Patria. Fu a Parigi per studiare pittura; poi a Gand (Belgio) frequentò la facoltà d’ingegneria e riprese gli studi all’Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera. Dovunque emergeva la sua personalità cristiana che influenzava chi lo frequentava. Nel 1874 tornò in Patria e si chiese: “Servendo l’arte si può servire anche Dio?”. Uno dei migliori suoi quadri, l’Ecce Homo, lo condusse a un cambio spirituale.

Nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico, ma lasciò il noviziato per cattiva salute. Conobbe il 3° ordine Francescano e a Cracovia si stabilì dai Padri Cappuccini. Lì continuò l’attività di pittore, ma si dedicò anche all’assistenza dei poveri: rinunciò all’arte, al benessere materiale, agli ambienti aristocratici e decise di vivere tra loro. Nel 1887 vestì un saio grigio, prese il nome di Fratel Alberto e pronunciò i voti, dando inizio alla Congregazione dei Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi dei Poveri (1888). In seguito Fratel Alberto assunse l’assistenza delle donne del dormitorio femminile; le collaboratrici dettero origine al ramo femminile della Congregazione (1891) affidato a suor Bernardyna Jabkonska. Organizzò case di assistenza materiale e morale, che offrivano lavoro per il sostentamento degli ospiti. Nonostante la protesi alla gamba, viaggiava molto per fondare case aperte a tutti, senza distinzione di nazionalità o religione. Fondò anche nidi e orfanatrofi per bambini e giovani, case per anziani e incurabili e cucine per il popolo. Mandò le suore a lavorare negli ospedali militari e nei lazzaretti durante la 1.a guerra mondiale. Nel corso della sua vita sorsero 21 case religiose in cui operavano 40 frati e 120 suore. Osservò e raccomandò ai suoi la povertà evangelica sull’esempio di S. Francesco e la sua opera caritativa la affidò alla Provvidenza divina. La forza per svolgere la sua attività l’attinse dalla preghiera, dall’Eucaristia e dall’amore alla Croce. Morì di cancro allo stomaco a Cracovia nel Natale del 1916, nel ricovero dei poveri. Prima di morire, indicando la Madonna di Czestochowa, disse: ” Lei è la vostra Fondatrice, ricordatevelo”. E ancora: ” Prima di tutto osservate la povertà “.