Riflessione del giorno

Giovedì 14 marzo 2024

By patronatoADM

March 13, 2024

 

IV Settimana di Quaresima

 

Avvenne il 14 marzo…

1489 – La regina di Cipro, Caterina Cornaro, vende il suo regno alla Repubblica di Venezia

1492 – Isabella I di Castiglia ordina ai 150.000 sudditi ebrei di convertirsi o venire espulsi

1861 – Il tricolore diviene la bandiera del Regno d’Italia.

1972 – Giangiacomo Feltrinelli, editore e fondatore dei Gruppi d’Azione Partigiana, rimane ucciso in un’esplosione vicino a un traliccio dell’alta tensione a Segrate.

2004 – Vladimir Putin viene rieletto presidente della Russia.

 

Aforisma dal libro dei proverbi

Iniziare un litigio è come aprire una diga: prima che la lite si esasperi, troncala.

 

Preghiera

Padre buono, supplichiamo la tua misericordia perché, purificati dalla penitenza e santificati dalle buone opere, possiamo camminare fedelmente nella via dei tuoi precetti e giungere rinnovati alle feste pasquali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

Santo del giorno

Matilde (Sassonia, 895 circa – Sassonia, 14-3-968): da lei e dal marito Enrico I (duca di Sassonia e re di Germania) discende la casata che conterà 4 imperatori: la dinastia sassone. 

Educata nel monastero di Herford, in Westfalia, dove sua nonna era badessa, Matilde sa leggere e scrivere, un fatto non frequentissimo nelle grandi casate del tempo e non rimane estranea alle vicende della politica. Quando nel 936 muore suo marito Enrico, lei non è molto favorevole al primogenito Ottone come successore e tenta di far proclamare re il più giovane Enrico. 

Si arriva a un conflitto tra i due fratelli. Dopo l’incoronazione imperiale di Ottone a Roma (962) la famiglia è riconciliata. Matilde si ritira nel monastero di Nordhausen, dove, dopo aver speso spesa per i poveri e i malati, si ammala, e più tardi si trasferisce in un altro monastero: a Quedlimburgo, in Sassonia dove morirà.

 

Parola di Dio del giorno Giovanni 5,31-47

Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati.

Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.

Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste.

E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

 

Riflessione detti e fatti dei padri del nuovo deserto

Una coppia disse all’Abba: “Noi abbiamo cominciato a convivere. Io so cucinare e lui lava i piatti, lui pulisce il giardino e io scopo le scale. Così ci aiutiamo”. “Qualcuno garantisce per voi?”, abba Stefano rispose così ai due giovani. Essi si guardarono, e il ragazzo rispose: “Abba, noi ci vogliamo bene, sentiamo amore l’uno per l’altro, l’uno fa quello che piace all’altro”. L’abba rimase impassibile: “Sì, sì, per qualche mese è così.

E dopo? Chi garantisce per voi?”. Risposero insieme: “Non abbiamo bisogno di nessuno, noi. Siamo maggiorenni”. E l’abba: “Se nessuno garantisce per voi, i vostri sentimenti sono bolle di sapone. Il fatto che date importanza solo a quelli è segno di debolezza. Basta che uno di voi provi un sentimento per un altro ora sconosciuto, e sarete sul lastrico. Il vostro amore sul lastrico”. 

Non risposero, e l’abba continuò: “La bicicletta ha due ruote, ma non basta il telaio perché stia in piedi. Se è ferma, ha bisogno di un appoggio, e, se si muove, di uno che la cavalchi. Voi dovrete avere un appoggio, un terzo, per stare in piedi. Se non c’è Dio con voi, se non vi accompagna la sua benedizione concreta, non avrete pace sicura”. “Abba, che vuoi dire con benedizione concreta?” chiesero. 

E l’abba: “La benedizione concreta di Dio vi arriva dalla voce di un uomo in carne ed ossa, un uomo che rappresenti il Corpo di Cristo sulla terra”. A quelle parole intuirono che la Chiesa di Gesù è necessaria anche per l’amore della loro vita.

 

Intenzione di preghiera

Per le giovani coppie, affinché non facciano del loro amore una prigione e lascino entrare Dio nella loro vita.  

 

Don’t Forget! Santi e Beati della Carità

Beata Celestina Donati 1848-1925

Maria Anna Donati nacque a Marradi (Firenze) il 28-10-1848, ben presto si sentì attratta dalla vita religiosa, trascorse così un periodo di riflessione presso le Suore Vallombrosane, ma l’esperienza non ebbe buon esito. Ritornata in famiglia si affidò alla guida spirituale del padre scolopio Celestino Zini, che intuì le possibilità nascoste della giovane.

Con il suo consiglio, a 41 anni decise così di fondare nel 1889 la nuova Congregazione delle “Figlie Povere di S. Giuseppe Calasanzio” (Calasanziane) al fine di educare le bambine povere e qualche tempo dopo anche di farsi carico dell’educazione delle figlie e dei figli dei carcerati. Il messaggio del Calasanzio, fatto proprio da madre Celestina (il nome da religiosa) è sempre vivo: chi opera nel sociale usa la professionalità, ma anche un “di più” di umano e civile oltre a quel “supplemento d’anima” che viene dalla fede.

Nel 1892 morì il suo direttore spirituale padre Zini, che era divenuto nel frattempo arcivescovo di Siena; tutta la responsabilità dell’Istituzione restò sua, che la governò, diffondendola in ogni regione d’Italia. Seppe infondere nelle sue figlie lo spirito di povertà, che l’accompagnò per tutta la vita, creandole tante difficoltà nella gestione dell’Istituto.

Di grande umiltà, poneva ogni problema ai suoi superiori, attenendosi alle loro direttive; si adoperò per stabilire il suo Istituto a Roma, contraendo anche debiti notevoli e ci riuscì con l’aiuto di molte persone. Madre Celestina morì a Firenze il 18 marzo 1925; una decina d’anni dopo si cominciò ad istruire la causa per la sua beatificazione, il 12 luglio 1982 uscì il decreto d’introduzione; il 6 aprile 1998 si ebbe quello sull’eroicità delle virtù e il titolo di venerabile. È stata beatificata a Firenze il 30 marzo 2008.