Riflessione del giorno

giovedì 19 agosto ‘21

By patronatoADM

August 18, 2021

20.a Settimana Tempo Ordinario

 

Proverbio del giorno (Niger)

Quando il fiume è pieno, è silenzioso.

Preghiera del giorno

Accogli le parole che dalla mia anima e dal mio cuore salgono a te, o ineffabile, che parli nel silenzio.

Ti supplico che io non mi inganni nella conoscenza della nostra natura più vera; chinati verso di me e rendimi forte ed io farò risplendere questa grazia sui miei fratelli che sono figli tuoi.

La mia anima appartiene allo Spirito Santo. Per questo credo e confesso la mia fede da cui ricevo luce e vita.

Sei degno di lode, o Padre; Il tuo servo vuol santificarsi con te, secondo la possibilità che tu gli hai dato. A te la gloria, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

 

Santo del giorno

SAN GIOVANNI EUDES SACERDOTE Nato in Normandia nel 1601, muore nel 1680. Devotissimo di Maria è ordinato prete nel Collegio dei gesuiti di Caen.

Da qui parte per assistere gli appestati nella regione di Argentan. In seguito si consacra alle missioni parrocchiali.

Resosi conto di quanto sia importante la figura del sacerdote, riesce a far costruire un seminario, dando vita alla «Congregazione di Gesù e di Maria».

Nel 1641 fonda due Congregazioni religiose, una maschile e una femminile, dedicate ai Sacri Cuori.

Fonda poi rifugi per togliere le ragazze dalla strada e una Congregazione di Religiose per assisterle, l’ordine di «Nostra Signora della Carità del Rifugio».

Scrive numerose opere, fra cui la più nota e considerevole è «Il cuore ammirabile della Madre di Dio».

 

Parola di Dio del Giorno Matteo 22,1-14

Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.

Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.

Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.

Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.

Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.

Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì.

Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Riflessione per il giorno

Alla luce di quel che sta avvenendo in Afghanistan in questi giorni, dopo la precipitosa e vergognosa ritirata degli USA, della Nato e delle potenze europee in seguito alla rapidissima riconquista dei talebani risuonano profetiche le parole di Gino Strada fondatore di Emergency morto pochi giorni prima di vedere il disastro.

 “Ho vissuto in Afghanistan complessivamente 7 anni: ho visto aumentare il numero dei feriti e la violenza, mentre il Paese veniva progressivamente divorato dall’insicurezza e dalla corruzione.

Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stata un disastro per tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento da ogni punto di vista.

Oltre alle 241 mila vittime e ai 5 milioni di sfollati, tra interni e richiedenti asilo, l’Afghanistan oggi è un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima, le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001.

E soprattutto è un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l’inferno per arrivare in Europa.

E proprio in questi giorni alcuni Paesi europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop ai rimpatri dei profughi afgani in un Paese in fiamme…”.

Che dire di più? I fatti sono lì da vedere!

 

Intenzione di preghiera per il giorno

Per l’Afghanistan e per i nuovi padroni del paese: perché rispettino un popolo che da 40 anni non ha mai smesso di soffrire.

 

Saumur, il suo paese natale, fin dal XVII secolo fu segnato da grandi difficoltà materiali e sociali, cattivi raccolti, inverni rigidi.

Lei, conosciuta come commerciante prudente ed interessata, divenne “molto prodiga in carità”, quando lo Spirito Santo, spegnendo “il fuoco della sua avarizia”, le fece capire che la sua fede richiedeva anche “il fuoco della carità”.

Nonostante le sue accresciute responsabilità in seguito alla morte della madre, Jeanne iniziò a occuparsi un po’ dei poveri: visitava coloro che vivevano nelle stalle scavate nella collina, portando loro cibo e vestiti, lavando i loro abiti e donando i suoi, preoccupandosi di riscaldare i loro precari rifugi.

Cominciò anche ad accoglierli in casa propria: iniziò un bambino nel 1700, seguito poi da malati, anziani ed indigenti.

Attrezzò tre case che le furono prestate e le chiamò “Provvidenza”, per ricevervi bambini orfani, giovaniragazze abbandonate, donne in miseria, vecchi, indigenti, colpiti da fame e freddo. Non faceva distinzione tra i poveri meritevoli e non: li soccorreva tutti e insegnava un lavoro ai bambini e alle ragazze.

Ma Jeanne visse l’esperienza delle loro umiliazioni, andando persino a mendicare, mangiando peggio di loro, senza contare i continui digiuni, le notti di veglia. I poveri iniziarono ad accorrere da lei finché nel 1704, alcune giovani si resero disponibili ad aiutarla e a vestire l’abito religioso se ciò fosse stato loro chiesto.

Nacque così la Congregazione di S. Anna della Provvidenza e lei volle che le sue Sorelle condividessero la stessa casa dei poveri, mangiassero come loro, come loro fossero trattate in caso di malattia, e vestite di un umile abito grigio.

I borghesi del suo paese e perfino i preti criticarono le austerità “eccessive” e le carità “disordinate”, ma nulla riuscì a fermarla, nemmeno il crollo della prima casa di accoglienza: “Voglio vivere e morire con i miei cari fratelli: i poveri”. La sua tenacia e la sua grande dedizione portarono alla fondazione del primo ospizio di Saumurnel 1715.

La sua carità si diffuse fuori dai confini della città e della diocesi e Jeanne giunse a contare 40 ausiliarie, decise a seguire il suo esempio di abnegazione, preghiera e mortificazione.

Alla sua morte il 17-8-1736, la fondatrice lasciò una dozzina di comunità, ospizi ed anche piccole scuole. A Saumur risuonò l’annuncio: “La Sainte est morte”, cioè “La Santa è morta”.