Riflessione del giorno

giovedì 19 maggio ’16

By Patronato S. Vincenzo

May 18, 2016

 

 

 

Iniziamo la Giornata Pregando (Ignacio Larrañaga)

Signore Gesù Cristo: metti un lucchetto alla porta del nostro cuore per non pensare male di nessuno, non giudicare prima del tempo, non essere mal disposti, non interpretare male, non invadere il sacro santuario delle intenzioni. Signore Gesù: metti un sigillo alla nostra bocca per chiudere il passo alle mormorazioni e ai commenti sfavorevoli, per custodire le confidenze che riceviamo. Semina in noi fibre di delicatezza. Dacci uno spirito di profonda cortesia l’uno con l’altro, come faremmo con te. Dacci insieme la giusta saggezza per unire convenientemente la cortesia con la fiducia fraterna. Signore Gesù Cristo, dacci la grazia di rispettarci. Amen

 

CELESTINO V.

Pietro da Morrone fece vita eremitica. Diede vita ai “Fratelli dello Spirito Santo” (“Celestini “) e fondò vari eremi. Eletto papa a 80 anni, dopo 2 di conclave, prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, accortosi delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo in isolamento coatto. Giudicato da Dante “colui che per viltade fece il gran rifiuto “, oggi è considerato uomo di fede e forza d’animo, esempio di umiltà e di buon senso

 

La Parola di Dio del Giorno (Marco 9,41-50)

Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

 

Riflessione Per Il Giorno (don Divo Barsotti)

«Le altre cose nel cristianesimo sono quasi una sciocchezza, ma la fede è la cosa più difficile ed urgente. È la fede che il mondo attende da noi, e la fede non può essere sostituita da cosa alcuna. La fede è la pietra miliare del rapporto con Dio. La fede sono gli occhi, l’organo nuovo che Dio ci ha dato per poter entrare in rapporto con Lui vivendo nel mondo. Infatti è soltanto attraverso i sensi che possiamo entrare in rapporto col mondo fisico e, attraverso questo rapporto, vivere la vita umana; così non si può vivere una vita divina se non entriamo in rapporto con Dio».

 

Intenzione del giorno

Preghiamo per il Papa Francesco e per il papa emerito Benedetto XVI

 

Don’t forget!

19/05/1951: 64° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Martino Campagnoni: auguri!

 

126° QUADRO DELLA SERIE: I 1.000 QUADRI PIÙ BELLI DEL MONDO

 

Jacopo Carrucci, conosciuto come il Pontormo (dal borgo di Pontorme dove nacque nel 1494) è il primo dei pittori manieristi, così detti perché si proponevano di dipingere alla “maniera” dei grandi maestri rinascimentali (Michelangelo, Leonardo Raffaello ecc.) considerati modelli di perfezione assoluta. In realtà egli avviò una sistematica opera di rinnovamento degli schemi compositivi della tradizione, talvolta spregiudicato, cercando di reagire al classicismo pittorico con un’inesauribile vena sperimentale e anticlassicista. La sua complessa personalità, introversa e tormentata, ne fa il prototipo dell’artista malinconico e solitario. Questo quadro aiuta a capire cosa sia il manierismo: dipinto per il ricco fiorentino Salvi Borgherini che voleva decorare la camera nuziale di suo figlio Pierfrancesco e della consorte Margherita Acciaiuoli, il nostro è uno dei 4 pannelli che illustrano le storie di Giuseppe, eroe biblico virtuoso e casto che spesso veniva raffigurato come esempio per le giovani coppie.

L’opera è la più celebre e innovativa di tutto il ciclo: racconta il ricongiungimento di Giuseppe con la sua famiglia in Egitto (Gen. 47,13…) in una serie di episodi rappresentati contemporaneamente e su piani diversi e in un brulicare di personaggi e figure ispirato più alle incisioni tedesche che alle composizioni italiane. Nordico è infatti l’aspetto di numerosi personaggi, delle vesti, del massiccio castello al centro e degli alberi che punteggiano il paesaggio. In primo piano a sinistra Giuseppe presenta al faraone la famiglia da lui invitata a trasferirsi in Egitto; a destra Giuseppe procede sul carro trionfale trascinato da tre putti, mentre un quarto si erge su una colonna dietro il protagonista che si piega, aiutato da un altro, verso un tale che gli presenta una supplica scritta, a simboleggiare il potere e la considerazione di cui godeva. A destra, su un edificio cilindrico, Giuseppe che tiene per mano il figlioletto sale una scala senza ringhiera, mentre più in alto il secondo è accolto dalla madre; dietro il messaggero che ha mandato a chiamare Giuseppe su richiesta del padre Giacobbe. Giuseppe, i figli Efraim e Manasse sono infine accolti nella stanza aperta in alto, dove Giacobbe, ormai prossimo a morire, impartisce loro la benedizione. Tra i due edifici ornati da statue, si assiepa una folla di persone mentre più dietro, tra i macigni di un irto sentiero, alcuni personaggi di difficile identificazione rivolgono la loro attenzione a quello che avviene in primo piano. Nel quadro le leggi della prospettiva dei grandi maestri è come se fossero di proposito ignorate: l’armonia compositiva sembra sempre sul punto di spezzarsi e tutto sembra reggersi su un precario equilibrio. Anche i colori vivaci contribuiscono a sottolineare il senso di irrealtà che domina la composizione. E’ certo che in questo modo il Pontormo traduce in immagini quella crisi degli ideali rinascimentali: una sottile inquietudine pervade la composizione come a comunicarci la precarietà di quel mondo.