nella fotografia un quadro di Giovanni Fattori
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Iniziamo la Giornata Pregando (S. Giovanni Damasceno)
Sono davanti alle porte della tua chiesa e non mi libero dai cattivi pensieri. Ma tu, o Cristo, che hai giustificato il pubblicano, che hai avuto compassione dell’adultera e hai aperto al ladrone le porte del Paradiso, aprimi il tesoro della tua bontà e poiché mi avvicino e ti tocco, accoglimi come la peccatrice e l’inferma che hai guarito. Infatti questa, avendo toccato il lembo del tuo vestito, riebbe la salute; e quella, avendo abbracciato i tuoi piedi incontaminati, ottenne il perdono dei peccati.
ADELELMO DI ENGELBERG ABATE
Di lui si sa solo che era monaco del monastero benedettino di S. Biagio nella Foresta Nera. Su richiesta del barone Corrado di Seldenburen fu inviato a fondare la badia di Engelberg nell’Unterwalden, nella Svizzera, dove divenne priore e abate e dove morì il 25 febbraio 1131. Le sue reliquie furono riesumate nel 1611.
Ascoltiamo la Parola di Dio (Luca 16,19-31)
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».
Riflessione del giorno (William Gaddis commentato da Mons. Ravasi)
L’originalità è il trucco di cui si serve gente priva di talento per far colpo su altra gente senza talento e per difendersi dalla gente di talento. Forse sarebbe più corretto parlare di “eccentricità”, ma se stiamo all’originalità di mode e modi televisivi, al gusto della bizzarria, della stravaganza, dell’eccesso di cui si nutrono molti personaggi e i loro spettatori, dobbiamo dire che la frase di Gaddis è sacrosanta. Questa eccentricità è il fuoco d’artificio della stupidità, non della genialità: vestiti sconcertanti, comportamenti strambi, linguaggi orridi, eccessi esasperati sono spettacolo per allocchi. Perciò, vorremmo lanciare un elogio dell’ordinarietà e normalità. La rincorsa frenetica alla novità si risolve spesso in un’esistenza vana e vacua, ben più legata agli stereotipi dell’originalità a tutti i costi che non alla creatività vera che si alimenta di impegno severo, di costanza e di serietà. L’eccentricità ha come legge l’apparire, il talento autentico e come originale l’essere.
Intenzione del giorno
Preghiamo per un’economia a misura di uomo e rispettosa della giustizia e del creato