nell’immagine un dipinto di Alexei Isupov
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ADELELMO DI ENGELBERG ABATE
Di lui si sa solo che era monaco del monastero benedettino di S. Biagio nella Foresta Nera. Su richiesta del barone Corrado di Seldenburen fu inviato a fondare la badia di Engelberg nell’Unterwalden, nella Svizzera, dove divenne priore e abate e dove morì il 25 febbraio 1131. Le sue reliquie furono riesumate nel 1611.
Riflessione del giorno – Fabrizio Falconi
Con sarcasmo sferzante lo scrittore Ennio Flaiano bollava lo stile burocratico che imperversa negli uffici statali o pubblici o curiali di tutto il mondo. Questa universalità è così vera che noi l’abbiamo oggi convalidata ricorrendo a un’osservazione ironica dello scrittore israeliano Ephraim Kishon che colpisce la burocrazia di uno Stato ancora giovane, com’è il suo. A essere sinceri, un po’ di quello spirito ce lo portiamo tutti dentro noi stessi. Sì, è vero: passano gli anni, si moltiplicano le riforme, cambiano i governi, si evolve la società, ma i burocrati sono sempre lì, pietrificati e immobili davanti alle loro scrivanie. C’è, però, anche la rassegnazione da parte dei cittadini che, al di là della sfuriata momentanea, accettano la moltiplicazione dei cavilli, l’eccesso documentario, i ritardi amministrativi. E questo accade perché il virus burocratico, in misura diversa, alligna un po’ in tutti (anche i burocrati sono stati prima semplici cittadini”). Esso si rivela nello scarso senso civico, nel disprezzo delle regole vere, nella pigra pedanteria, nella superiorità che si prova a causa di una carica o anche solo di una greca sul berretto e di una predella più alta. In questo modo siamo un po’ tutti burocrati”.
Cosroe II di Persia (570-628) soprannominato Parviz (vittorioso), per le numerose campagne militari, regnò dal 590 al 628. Ma vediamo cosa successe quando il re persiano conquistò Gerusalemme nel 614. Ci viene in soccorso la storia documentata dai cronisti dell’epoca, che narrano come gli israeliti esiliati a Babilonia dal 135 d.C. dopo la seconda rivolta contro i romani, col divieto assoluto di farvi ritorno, pensarono di approfittare della loro potenza economica per indurre l’imperatore persiano a conquistare la Gerusalemme cristiana che apparteneva all’impero bizantino. E così in quell’anno 614 l’esercito persiano, appoggiato dalle comunità ebraiche della Galilea, invase la città santa che era una fiorente e ricca comunità cristiana, ricca di chiese e di monasteri, con le basiliche del Santo Sepolcro a Gerusalemme e della Natività a Betlemme. Tutto fu distrutto e depredato, ad eccezione della Basilica della Natività, perché i persiani vi trovarono in un bassorilievo l’effigie dei Re Magi rappresentati con i costumi della Mesopotamia e ravvisandone i loro antenati, la risparmiarono. Solo per questo possiamo godere dell’unico gioiello rimasto in Terra Santa dei primi anni di cristianesimo.
I persiani erano in gran parte politeisti e liberali con le altre religioni, e cercavano solo il bottino delle chiese; quindi la distruzione che ci fu, secondo gli storici dell’epoca, fu opera degli israeliti che così potevano rientrare nella loro città cancellando le memorie del Cristianesimo. Ma non è finita: migliaia di battezzati furono fatti schiavi dai persiani e venduti ai facoltosi ebrei che procedettero al massacro. Le fonti storiche sono precise su questo e parlano della piscina Mamilla vicina alla porta di Giaffa. Negli ultimi anni la speculazione edilizia a Gerusalemme ha messo le mani sul quartiere di Mamilla diventato nel tempo un borgo arabo, che viene raso al suolo per costruirci un quartiere residenziale ebraico e l’albergo Hilton. Ma grande è stata la sorpresa quando si sono accinti a prosciugare quanto restava dell’antica piscina Mamilla: ecco comparire una cappella bizantina con una croce e la scritta in greco: “Solo Dio conosce i loro nomi”. Sotto la cappella lo scavo è andato avanti e ha portato alla luce migliaia di scheletri umani, testimonianza del massacro dell’anno 614. Il celebre archeologo israeliano Ronny Reich ha studiato il ritrovamento e ha confermato trattarsi dei resti dei battezzati sterminati nella conquista persiana della città.