Riflessione del giorno

Giovedì 3 marzo 2022

By patronatoADM

March 02, 2022

 

8. settimana Tempo Ordinario

 

Aforisma del giorno di Madre Teresa di Calcutta

La nostra opera per le anime è grande, ma senza penitenza e molto sacrificio sarà impossibile.

 

Preghiera del giorno

O Signore, in questo tempo di quaresima tu ci chiami al pentimento e alla conversione, ci inviti a pregare di più e ad ascoltare la tua parola.

Tu ci chiedi di rinunciare al superfluo per aiutare i nostri fratelli nel bisogno. Concedi a noi di rispondere con generosità al tuo appello, di purificare le anime nostre col sacramento del perdono e della gioia per prepararci degnamente alla Pasqua. Amen.

 

Santo del Giorno

 

Riflessione del giorno di don Tonino Bello sulla Quaresima (2.a parte)

Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l’abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente.

Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l’offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.

Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate. Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo? “Una tantum” per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni! Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.

La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri. Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa. Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione.

 

Intenzione di preghiera per il giorno

Preghiamo per il Popolo Russo e quello Ucraino perché ritrovino la via del dialogo e della pace.

 

Don’t Forget! Storia dei martiri cristiani

I Martiri del Giappone sec. XVI-XVII

Alla morte dell’imperatore HIDEYOSHI, nel 1598, divampò la guerra tra le fazioni capeggiate dai vari reggenti, finché il clan TOKUGAWA acquisì sempre più potere. Nel 1600 IEYASU Tokugawa vinse la battaglia di Sekigahara (immagine sotto), abbatté ogni oppositore e tre anni più tardi gli venne concesso il titolo di Shogun.

TOKUGAWA IEYASU (immagine sotto a sinistra), nonostante un’iniziale tolleranza nei confronti dei cristiani, non si fidava di loro e mise i cristiani sotto sorveglianza. Il nuovo shogun, infatti, temeva che i suoi nemici potessero rivolgersi agli europei per sollevarsi contro il suo governo, ma anche che le conversioni di massa potessero spianare la strada alla invasione spagnola. 

Il punto di rottura giunse nel 1612. La comparsa nel Pacifico delle flotte olandesi e inglesi offrì allo shogun la possibilità di commerciare con nazioni non legate a Roma. La persecuzione iniziò blandamente, con editti che invitavano i cristiani alla moderazione.

Ben presto, però, le misure dello shogunato divennero più drastiche e nel 1614 la repressione colpì Nagasaki, con violenza maggiore rispetto al passato. Il 27-01, Ieyasu promulgò un nuovo editto che prevedeva l’espulsione di tutti i missionari e preti stranieri e metteva fuorilegge il Cristianesimo: per la prima volta i convertiti giapponesi erano in pericolo di vita a causa della loro fede.

Probabile è che il vero motore di tale cambiamento fosse il dotto neo-confuciano HAYASHI RAZAN (immagine sotto a destra), che odiava in modo feroce la religione cristiana. Dal canto loro i missionari europei fecero finta di lasciare il paese, ma gli eventi successivi dimostrarono che si sbagliavano enormemente. Moltissimi cristiani furono trucidati senza esitazione, bruciati sul rogo a fuoco lento, trafitti da canne, smembrati pezzo a pezzo.

Ieyasu sapeva che il martirio era molto considerato dai perseguitati. Per questo motivo riteneva indispensabile indurre a rinnegare Cristo con ogni mezzo concepibile, non importa quanto crudele. I cadaveri dei martiri non erano seppelliti, perché non fossero create reliquie di sorta. Venivano invece fatti a pezzi o bruciati e le ceneri disperse in mare. La motivazione ufficiale era sarcastica: “ridurre i rischi di resurrezione”.