nell’immagine un dipinto di Henri Rousseau
Proverbio del giorno (Proverbi latini)
Beati monoculi in regione caecorum (Fortunata la persona con un occhio solo nel paese dei ciechi).
Iniziamo La Giornata Pregando (Preghiere di Bose)
Sii porto di rifugio per l’afflitto, sostenitore e difensore per la vittima dell’oppressione, casa per il forestiero, balsamo per il sofferente. Sii porto di rifugio per l’afflitto, sostenitore e difensore per la vittima dell’oppressione, casa per il forestiero, balsamo per il sofferente, torre per il fuggitivo.
Giovanna d’Arco
Figlia di contadini, analfabeta, lasciò giovanissima la casa paterna per seguire il volere di Dio, secondo cui avrebbe dovuto liberare la Francia dagli Inglesi. Presentatasi alla corte di Carlo VII, ottenne di poter cavalcare alla testa di un’armata e riuscì a liberare Orleans e a riportare la vittoria di Patay. Lasciata sola, Giovanna non poté condurre a termine la lotta contro gli Anglo-Borgognoni; ferita alle porte di Parigi, fu fatta prigioniera dai Borgognoni, che la cedettero agli Inglesi. Tradotta a Rouen, dopo estenuanti interrogatori fu condannata per eresia ed arsa viva.
Vangelo del giorno (Giovanni 16,16-20)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete». Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?». Dicevano perciò: «Che cos’è mai questo “un poco” di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «Andate indagando tra voi perché ho detto: ancora un poco e non mi vedrete e un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.»
Riflessione per il Giorno (Gli scritti – Blog)
A un incontro di famiglie scout una madre sostiene con una certa forza che sarebbe ora che la Chiesa insegnasse a indignarsi contro il rifiuto degli immigrati. Non crede a una Chiesa che non si indigna. Del resto l’indignazione come atteggiamento si è diffuso un po’ ovunque: in Spagna esiste da alcuni anni un movimento di “indignati” che sembra aver fatto scuola. Un amico dice, invece, con profonda saggezza: “Essere indignati è la cosa più facile. Si indigna chi presuppone di essere dalla parte del giusto. Chi ha un atteggiamento moralistico. E’ così facile essere moralistici (dopo aver accusato gli altri di fare altrettanto!)”. Ricorda le lezioni di Francesco De Sanctis su La scuola cattolica-liberale. Per De Sanctis, “la vera forza è piuttosto quella di essere moderati. E’ forte chi è moderato, chi vede la complessità dei problemi ed in quella complessità agisce con saggezza”.
Intenzione del giorno
Preghiamo perché i cristiani siano testimoni della gioia donata da Dio al suo popolo
Don’t forget! …Ricorda!
30/05/1953: 66° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Tullio Pelis
Il personaggio della settimana – I Santi della Carità: S. Giuseppe Cafasso
Di famiglia contadina, era 3° di tre figli: la sorella Marianna divenne la madre del beato Giuseppe Allamano (1851-1926), rettore del Santuario della Consolata e fondatore dell’Istituto Missioni della Consolata. Fu sempre gracile e minuto, «era quasi tutto nella voce», diceva don Bosco, eppure fu un gigante nello spirito. Fu ordinato prete il 21-9-1833 e l’anno dopo ci fu l’incontro con don Luigi Guala (1775–1848), di spiritualità ignaziana, insigne moralista e teologo, di cui il Cafasso fu collaboratore e col quale fondò il Convitto di S. Francesco d’Assisi, per la formazione del clero torinese, dove don Cafasso entrò nel 1834. Direttore di anime, consigliere di vita ascetica ed ecclesiastica, formatore di preti, a loro volta formatori di altri preti, religiosi e laici, in una sorprendente ed efficace catena, Cafasso fu rettore per 24 anni del Convitto ecclesiastico, che nel 1870 si trasferì al santuario della Consolata, dove oggi riposano le sue spoglie. «Le sue lezioni erano attraenti, osserva la storica Cristiana Siccardi, perché costruite sulle verità di fede e sul sapiente bagaglio di conoscenze, ma anche palpitanti di documentazione raccolta dal vivo nel confessionale, al capezzale dei morenti, nelle missioni predicate al clero e al popolo, e nelle carceri, luogo a lui molto caro.
Uomo di sintesi e non di pedanti trattazioni, combatté il rigorismo di matrice giansenista. Voleva fare di ogni sacerdote un uomo di Dio splendente di castità, di scienza, di pietà, di prudenza, di carità; assiduo alla preghiera, alle funzioni religiose, al confessionale, devoto di Maria SS e attingente forza dal Santo Sacrificio. Primo dovere del prete, diceva, era quello di essere santo per santificare». Fra i sacerdoti da lui formati vanno ricordati S. Giovanni Bosco, i beati Francesco Faà di Bruno e Clemente Marchisio, Lorenzo Prinotti, fondatore dell’Istituto sordomuti poveri; Adolfo Barberis, fondatore delle Suore Famulato Cristiano. S’adoperò per la conversione dei peccatori. Era assiduo delle prigioni cittadine, tanto da rimanervi fino a tarda notte, a volte tutta la notte. Portava sigari e tabacco da fiutare, al posto della calce che i carcerati raschiavano dai muri; ma soprattutto portava alla conversione ladri e assassini efferati. Talvolta erano pentimenti lenti e tormentati, altre volte erano conversioni immediate, che avvenivano pochi istanti prima della impiccagione. Il «prete della forca», così è stato chiamato, usava immensa misericordia, possedendo un’intuizione prodigiosa dei cuori, e trattava i suoi «santi impiccati» come «galantuomini», tanto che il colpevole sentiva così forte l’amore paterno di Dio da volersi unire a lui, come il buon ladrone, crocefisso accanto a Gesù sul Calvario.