Ottava di pasqua
Proverbio del giorno
Quando piove, lo stolto impreca contro gli dei; il saggio si procura un ombrello.
Preghiera del giorno
Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato: fa’ che la Pasqua segni la vittoria sul nostro peccato.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo vita immortale: fa’ che il nostro corpo sia vivificato dalla tua grazia.
Signore Gesù, risorgendo hai portato la tua umanità in cielo: fa’ che anch’io mi incammini verso il Cielo, con una vera vita cristiana.
Signore Gesù, salendo al Cielo, hai promesso il ritorno: fa’ che la nostra famiglia si ricomponga un giorno nella gioia eterna.
Amen
BEATO AUGUSTO CZARTORYSKI SALESIANO Il principe Augusto Czartoryski nacque a Parigi da genitori polacchi il 2-8-1858.
La famiglia, da tre decenni, si era stabilita in Francia quando fu posta al bando dalla Russia.
A 6 anni Augusto perse la mamma che morì di tubercolosi, malattia che trasmise al figlio il quale cercò inutilmente di curarsi, viaggiando in Svizzera, Italia, Spagna ed Egitto.
La sua esistenza però cambiò grazie all’incontro con don Bosco.
Nel 1886 entrò nella Congregazione salesiana.
A causa della malattia fu mandato a completare gli studi in Liguria dove venne ordinato sacerdote a San Remo nel 1892.
La sua vita sacerdotale si svolse un solo anno, ad Alassio nel Savonese.
Morì infatti a 34 anni l’8-3-1893. È stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 2004.
La parola di dio del giorno Luca 24,35-48
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Emmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.
Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».
Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».
Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
La riflessione del giorno Benedetto XVI 15 aprile 2009
È fondamentale per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana proclamare la risurrezione di Gesù di Nazareth come evento reale, storico, attestato da molti e autorevoli testimoni.
Lo affermiamo con forza perché, anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità riducendo il racconto evangelico a un mito, a una “visione” degli Apostoli, riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e scientifiche.
Certo la risurrezione non è stata per Gesù un semplice ritorno alla vita precedente.
In questo caso, infatti, sarebbe stata una cosa del passato: duemila anni fa uno è risorto, è ritornato alla sua vita precedente, come per esempio Lazzaro.
La risurrezione si pone in un’altra dimensione: è il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova, che interessa anche noi, che coinvolge tutta la famiglia umana, la storia e l’universo.
Questo evento che ha introdotto una nuova dimensione di vita, un’apertura di questo nostro mondo verso la vita eterna, ha cambiato l’esistenza dei testimoni oculari come dimostrano i racconti evangelici e gli altri scritti neotestamentari; è un annuncio che intere generazioni di uomini e donne lungo i secoli hanno accolto con fede e hanno testimoniato non raramente a prezzo del loro sangue, sapendo che proprio così entravano in questa nuova dimensione della vita.
L’intenzione di preghiera del giorno
Preghiamo affinché i credenti abbiano paura solo di poter perdere Gesù risorto e vivente.
Don’t Forget!
Le persecuzioni contro i cristiani nel regno di Al Andalus (Spagna) sec. VIII-X
L’invasione musulmana della Penisola iberica iniziò nel 711, una volta conclusa la conquista militare del Nord-Africa.
In quel periodo a capo del Regno Visigoto stava Roderico (noto come Don Rodrigo). Venuto a conoscenza delle difficoltà interne del regno visigoto, nel 710 il governatore arabo del nord-Africa Mūsà ibn Nusayr decise di inviare un corpo di spedizione comandato dal berbero Ṭarīf ibn Malik che mise piede nel 710 sulla costa spagnola.
L’esito positivo della spedizione spinse Mūsà a inviare, nella primavera 711, un secondo corpo di spedizione guidato dal berbero Ṭāriq b. Ziyād.
Dopo aver preso la città di Algeciras, Ṭāriq ottenne rinforzi e sconfisse Don Rodrigo nella battaglia del Guadalete.
La vittoria permise loro di conquistare Cordova di entrare a Toledo, capitale del regno visigoto.
Nel 714, Mūsā e Ṭāriq occuparono Saragozza e avanzarono sino a Lérida.
Quindi Mūsā si diresse nelle Asturie, occupando León, Astorga e Zamora e arrivando sino a Lugo.
I conquistatori musulmani, sostenuti dagli ebrei perseguitati dai Visigoti, nel 715 / 716 riuscirono nell’occupazione di quasi tutta la penisola.
Iniziava così la dominazione musulmana, che si sarebbe protratta fino al 1492.
La dominazione non fece scomparire la fede cristiana: infatti l’autorità islamica non prevedeva la conversione forzata e le popolazioni dei luoghi sotto il potere musulmano potevano conservare la loro religione, come fecero le comunità cristiane ed ebree.
Chi si convertì lo fece per vari motivi: la similitudine con le religioni preesistenti; l’attrazione verso una fede monoteista; e i vantaggi materiali e sociali che comportava l’integrarsi al credo dei vincitori.
La condizione dei cristiani era però quella della dhimma “sorta di contratto, indefinitamente rinnovato, per cui la società musulmana accordava ospitalità-protezione ai membri delle altre religioni, a condizione che si rispettasse la dominazione dell’Islam”.
Un secolo e mezzo dopo la conquista, accanto ai dominatori berberi (Marocchini attuali) e siriani sempre in lotta fra loro, c’erano i “muladi” cioè gli ispanici convertiti che però erano ritenuti islamici di bassa categoria; fra i dhimmi erano fiorenti le comunità ebraiche mentre fra i “mozarabi” cioè i cristiani arabizzati, aumentava lo scontento per la discriminazione e la perdita di identità.
Il problema esplose nell’851, a Cordova e obbligò i Vescovi andalusi a riunirsi: fino a quel momento infatti i martiri cristiani erano stati pochi (nel 714 nei Pirenei aragonesi era stata uccisa Eurosia; l’anno seguente a Sepulveda in Castiglia toccò ai fratelli Valentino ed Engrazia; nel 743 fu martirizzato il Vescovo Vittore insieme ad Alessandro e Mariano ecc), ma quell’anno in due mesi undici cristiani che oltre a proclamare la loro fede, avevano pubblicamente denigrato l’Islam, erano stati condannati a morte per decapitazione dall’emiro ‘Abdul-Rahman II.
Il concilio dei Vescovi ritenne inopportuno sfidare l’autorità e arrivò a sconfessare quei martiri… il decreto rallentò, ma non eliminò il fenomeno dei “martiri volontari” che si diffuse in altre città.
Il successore di ‘Abdul-Rahman, Muhammad 1° (852-886) decise di farla finita con il fenomeno epurando i cristiani dalla pubblica amministrazione; ma dall’estate 853 l’autodenuncia riprese a ritmi sostenuti e quasi quotidiani.
La repressione diventò feroce: il monastero di Tàbanos fu raso al suolo, ma tanta violenza ottenne solo il risultato di favorire la reciproca emulazione e il caso dei martiri volontari aumentò.
Agli inizi del IX sec. Il nuovo emiro ‘Abdul-Rahman III fece addirittura distruggere una trentina di chiese nella regione di Malaga. La persecuzione culminò con l’uccisione di 200 monaci del monastero benedettino di Burgos nel 953.