Questo frammento arriva dall’Africa (è il mio primo viaggio nel continente nero), dove sono stato invitato all’inaugurazione di un Seminario Minore che devastato dalla guerra civile, abbiamo aiutato a ristrutturare.
L’altro ieri visitando il Centro Pastorale della stessa Diocesi, si passeggiava con il direttore Padre L. nel grande parco che lo contiene, quando ci imbattiamo in una casupola mezzo diroccata sulla cui parete spicca la scritta: “SAMARITAN WELL” cioè Pozzo della Samaritana. “Cos’è questo?” chiedo al Padre che è evasivo e ci invita ad allontanarci. Insisto e lui: “Nella guerra civile il parco è stato occupato dai soldati che gettavano i nemici uccisi dentro questo pozzo. Per noi si tratta di un ricordo troppo doloroso e così lasciamo al tempo e alla natura il compito di cancellarlo”.
Il giorno dopo mi permetto di insistere con Padre L.: “Ad Auschwitz è scritto che chi dimentica il passato condanna sé stesso a ripeterlo. Ti aiuteremo noi, ma tu trasforma il pozzo in una Cappellina per ricordare a tutti che Dio custodisce con amore i nomi e la vita delle vittime e non dimentica quello dei carnefici, perché non vuole che bene e male siano mescolati. E per ammonire ognuno che la sua volontà si compie inevitabilmente e che quest’acqua di morte diventerà pozzo d’acqua viva che sgorga per la vita eterna”.