Nessuno poteva immaginare che B.S. un giovane senegalese di 23 anni, tranquillo e riservato, desse il meglio di sé in occasione della morte di un “fratello” (stesso padre, ma diversa mamma) di 21 anni pure lui immigrato in Italia, che un cancro fulminante ha ucciso in pochi giorni.
Avuta la notizia, dopo un momento iniziale di dolore e smarrimento, il nostro ha preso in mano la situazione, rifiutando con gentilezza, ma con fermezza l’aiuto: “E’ mio fratello: devo pensarci io” ha risposto.
Si è messo in contatto con la mamma del ragazzo: “Mandacelo in Africa!” ha supplicato lei, e lui ha coinvolto la comunità senegalese che ha raccolto la somma necessaria; ha avvisato altri amici sparsi in mezza Italia che hanno coordinato il da farsi.
Dopo aver firmato in ospedale come responsabile, ha disposto il rito funebre durante il quale il corpo è stato lavato e avvolto nel sudario e si è recitata la preghiera dei morti.
Il parente più “anziano”, un trentenne residente in Spagna, si è incaricato di accompagnare la bara in Senegal. Dopo di che B.S. salutato il “fratello” in aeroporto, è tornato al Patronato e ha ripreso la vita di sempre.
Ma tutti ci siamo accorti che in pochi giorni e attraverso molta sofferenza, quel ragazzo riservato e tranquillo era diventato un uomo.
– don Davide –