E’ un brav’uomo, ma così fiscale e maniaco delle regole, anche le più piccole, da togliere il fiato: quando comincia col puntiglioso elenco di ciò che, a suo modo di vedere, non va, cerco di sottrarmi alla tortura con vari pretesti, il che lo indispone ancor più. Una domenica, quando, dopo aver ascoltato la parabola della zizzania (lui –inutile dirlo- è un fedele molto scrupoloso), si era spinto ad accusare di sciatteria il Padreterno perché nel campo del mondo lascia crescere insieme il buon grano e la zizzania, ho capito che bisognava intervenire. “Tu mi ricordi uno che al giardinetto di casa dedicava ogni cura: non un filo d’erba fuori posto, alberelli, fiori e vialetto perfetti…tutti gli facevano i complimenti per quell’angolo di pura bellezza. Per evitare che i dispettosi gli gettassero dentro cartacce e rifiuti, innalzò la recinzione e circondò il giardino con una siepe. Sempre per preservarne la perfezione, obbligò anche i familiari a entrare in casa dal cancello sul retro e proibì di calpestare il tappeto erboso per non rovinarlo. Soddisfatto passava ore a contemplare dall’alto il suo piccolo eden”. Mi scruta sospettoso. “Che significa?” chiede. “Significa che se il buon Dio la pensasse come te, nella perfezione del suo creato, gli unici a non trovare posto saremmo tu, io e nessun altro essere umano”.
– don Davide –