Un giovane africano era riapparso al Patronato dopo vari mesi a chiedere accoglienza: allora aveva poco più di venti anni, ma ne mostrava il doppio. “Ma non ti eri messo con una ragazza del tuo paese e non avevate avuto un bimbo? Cosa ti è successo?”.
La spiegazione era andata troppo per le lunghe per risultare credibile, ma il succo era chiaro: la sua donna, che a differenza di lui aveva un regolare permesso di soggiorno, un lavoro e si era pure intestata l’affitto di casa, stanca dei suoi modi, l’aveva sbattuto fuori e lui era finito in strada.
A questo punto mi è tornato in mente ciò che aveva detto anni prima: “Il modo con cui in Italia trattate le donne è sbagliato” aveva sentenziato “qui da voi hanno troppa libertà e questo non va bene. Una donna deve sapere chi è il capo e la mia donna la educherò come conviene”.
Ricordo solo di avergli risposto: “Sei troppo giovane e non sai quel che dici: ma con queste idee non andrai lontano…Anzi ho l’impressione che sarà proprio una donna, sempre che tu ne abbia una, a raddrizzarti e a farti capire che sei fuori di testa”.
Erano passati pochi anni e la previsione si era avverata. Non ho potuto fare a meno di ricordarglielo e dirgli che però su una cosa aveva avuto ragione e cioè che il capo deve comandare: solo che nel suo caso il capo era sua moglie, non lui.
– don Davide Rota