Riflessione del giorno

Lunedì 13 maggio 2024

By patronatoADM

May 13, 2024

 

7. settimana di pasqua

 

Avvenne il 13 maggio…

1497 – Papa Alessandro VI scomunica Girolamo Savonarola.

1610 – Maria de’ Medici viene incoronata regina di Francia.

1846 – Guerra Messico-Statunitense: gli Stati Uniti d’America dichiarano guerra al Messico

1917 – Tre bambini vedono la B. V. Maria a Cova da Iria vicino a Fátima, in Portogallo

1981 – Mehmet Ali Ağca, in piazza S. Pietro, tenta di assassinare Giovanni Paolo II.

 

Aforisma di Raúl Aceves

“Invece che scrivere parole bisogna aprire spazi tra le parole.”

 

Preghiera di Fatima

O Dio, tu hai voluto che Maria, madre del tuo Figlio, fosse anche nostra Madre; fa’ che, perseverando nella penitenza e nella preghiera per la salvezza del mondo, ci adoperiamo con tutte le forze per la crescita del regno di Cristo. Egli è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen

 

Santo del giorno

 

Parola di Dio del giorno Giovanni 16,29-33

Dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».

Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

 

Riflessione frammenti di vita

La quiete della notte è rotta da un’esplosione di imprecazioni da parte di un ospite che grida in cortile non si sa perché né contro chi. Nessuno gli fa caso e lui allora alza la voce e si agita sempre più. Si fatica a calmarlo e ci fa capire che gli è stata rubata una catenina d’oro, mentre noi gli facciamo capire che urlare non servirà a fargli riavere il maltolto.

Il giorno dopo la catenina è ritrovata e restituita al proprietario che non sembra contento più di tanto della cosa e si giustifica così: “Ho gridato perché era l’unico modo per farmi sentire”. Ma la verità viene a galla e scopriamo che la catenina (di pura bigiotteria) era stata smarrita di proposito dal tipo che mettendo in scena la sua ira e indignazione sperava, come in altri casi, di ottenere un qualche risarcimento.

Gli è andata male, ma l’episodio ha indotto a riflettere sul fatto che oggi ci si indigna, ci si agita e si grida per i più svariati motivi, che vanno dai più alti e nobili a quelli più bassi e vili. Chi non si arrabbia, fa arrabbiare gli altri; chi non urla, ricorre alle mani…ma tutti sostengono che “gridare e agitarsi è il solo modo per farsi sentire e notare”. Sarà, ma il comportamento del nostro amico ci ha fatto capire che a volte è anche il modo migliore per confondere gli altri e per nascondere le proprie vere intenzioni.  

 

Intenzione di preghiera

Per la pace in Palestina e Israele e in Ucraina e Russia: affinché le logiche contrapposte lascino il posto al dialogo e alla paziente e tenace ricerca di soluzioni.

 

Don’t Forget! Grandi figure del clero bergamasco

Servo di Dio don Antonio Seghezzi

1906-1945

Il Venerabile Servo di Dio Antonio Seghezzi nacque il 25-8-1906 a Premolo (Bergamo, Italia). Dopo la laurea in Scienze sociali, nel 1925, entrò nel Seminario di Bergamo. Fu ordinato prete il 23-9-1929. Cominciò il suo ministero come coadiutore parrocchiale ad Almenno San Bartolomeo e, nel 1932, fu chiamato a insegnare Lettere nel ginnasio del Seminario vescovile. Nel 1935, fu nominato cappellano militare in Etiopia.

Rientrato in Diocesi due anni dopo, venne nominato Segretario della Giunta diocesana di Azione Cattolica. Nel 1940 risiede al Patronato S. Vincenzo in Bergamo, dove fece da padre spirituale ai giovani ospiti della casa, ma continuò anche a svolgere la sua attività pastorale con i giovani e a mantenere la fitta corrispondenza con quelli di Azione Cattolica impegnati sui fronti di guerra…tutto questo non fu gradito dalla polizia tedesca che il 25-10-1943 lo ricercò, senza trovarlo, al Patronato: don Bepo che lo aveva aiutato a nascondersi gli sconsigliò caldamente di consegnarsi: non così Monignor Adriano Bernareggi che temeva le ritorsioni del Comando tedesco di Bergamo: fu per questo che don Antonio obbedendo al consiglio del Vescovo si consegnò  il 4-11-1943.

Venne processato e condannato a 5 anni di carcere, poi ridotti a 3, da scontarsi in Germania. Dapprima rinchiuso nelle carceri di S. Agata a Bergamo, fu trasferito il 23-12-1943 al Forte S. Mattia di Verona da cui, il 31 dicembre, fu deportato a Monaco di Baviera, nel carcere di Stadelheim. Il 15-2-1944, giunse nel carcere di Kaisheim e, nel marzo dello stesso anno, venne di nuovo trasferito a Löpsingen in una fabbrica di proiettili. Dopo una prima emottisi, il 20 giugno seguente, fu ricoverato nella infermeria del carcere di Kaisheim, dove rimase circa dieci mesi. Il 23-4-1945 fu mandato a Dachau. Il 29 aprile 1945, il campo di concentramento di Dachau venne liberato dagli Alleati ma la salute del Venerabile Servo di Dio continuò a peggiorare a causa della mancanza di cure e delle insopportabili condizioni subite nel lager, in particolare per il lavoro massacrante, la fame e l’insufficienza igienica. Morì di tubercolosi il 21-5-1945 a Dachau (Germania).

«…Ed ecco che d’improvviso mentre faccio il ringraziamento della santa Messa sento come una carezza soave, come una dolcezza che intender non sa chi non la prova. Ho detto adagio, a fior di labbra, con tutto il cuore: «O Gesù voglio essere tuo amico», e subito ho provato gioia e amore. Sì, l’amore mi è nato nel cuore. Certo, per quel giorno non avere avuto più freddo dentro di me. Mi parve che il cuore si addolcisse. E poco dopo riuscii a parlare con l’animo, fatto pieno di attenzione, ad un piccolo che mi si accostò. E provai a dire anche a lui, adagio adagio, le parole che mi avevano fatto bene e che erano venute dal mio cuore dettate dalla voce di Gesù, entrato nel mio cuore al momento della Comunione. E il ragazzo lo vidi fissare più attento il Crocefisso. Parve calmarsi e arrestarsi il corso dei suoi pensieri e delle immagini, che lo portavano lontano, capii che mi ascoltava, fatto più attento del solito. Mi sentii impotente a comunicargli qualche cosa di mio, con atto di fede invocai Gesù perché parlasse lui …».