Riflessione del giorno

lunedì 17 febbraio ’20

By Patronato S. Vincenzo

February 16, 2020

 

nell’immagine una fotografia di una signora con sigaro cubano – Havana

 

 

Proverbio del giorno (MAROCCO)

“Da lontano l’ho creduto una belva, da vicino ho visto un uomo, parlandogli ho trovato un fratello”.

 

Iniziamo la Giornata Pregando (preghiera colletta)

O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa’ che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…Amen

 

TEODORO di AMASEA Soldato romano

Teodoro era stato trasferito ad Amasea, in Anatolia (Turchia) al tempo dell’imperatore Galerio (IV sec.). Lì li raggiunse un ordine: tutti dovevano sacrificare agli Dei. Teodoro, cristiano, che si rifiutò, fu torturato, imprigionato e bruciato vivo.

 

Ascoltiamo la Parola di Dio (Marco 8,11-13)

In quel tempo, vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione». E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all’altra sponda.

 

Riflessione Per Il Giorno (verità storiche)

Il Führer aveva in animo l’invasione del Vaticano e il rapimento del Papa. Nei documenti d’Archivio della Gendarmeria vaticana si scopre che la Santa Sede, pressata sia dalle forze dell’Asse sia dagli Alleati, viveva un’atmosfera da assedio; si era preparati a tutto. Il cosiddetto Piano delle contromisure per la Difesa della Gendarmeria svelano che il Vaticano era stato trasformato in una specie di forte Apache. Si rafforzavano i portoni con spranghe, borchie, lamiere e sacchetti di sabbia, si rifornivano di acqua e vivande alcuni magazzini in caso di assedio. Se le mura fossero state invase il piano di difesa prevedeva «un’ordinata ritirata» nel Palazzo Apostolico, dove ci si sarebbe arroccati «insieme ai residenti dello Stato», fino a prevedere combattimenti corpo a corpo e a sacrificare la vita per il Papa. «Qualora per deprecata ipotesi venissero sopraffatti gli uomini adibiti alla difesa delle porte di accesso del Palazzo Apostolico, tutti i militari agli ordini dei rispettivi Superiori dovrebbero raggiungere rapidamente l’appartamento pontificio ed ivi, attrezzandosi a difesa con le Guardie Nobili, fare scudo col proprio corpo al Sommo Pontefice». Un piano disperato, poiché l’armamento di quel piccolo esercito di 200 uomini era costituito da fucili Mauser, spade, alabarde e idranti dei pompieri vaticani. Sarebbe bastata la cannonata di un panzer tedesco per mettere fine a tutto. Era stato predisposto anche di nascondere il Papa, in caso di tentato rapimento. L’ambasciatore inglese presso la Santa Sede Francis D’Arcy Osborne aveva rivelato alla Segreteria di Stato che vi era un piano per prelevare Pio XII e portarlo a Monaco di Baviera, ma in quel caso gli alleati erano pronti a inviare in due giorni un commando per salvarlo. Bisognava tenerlo nascosto per 48 ore. La Gendarmeria aveva trovato il rifugio: la torre dei Venti, nel cortile della Pigna, ricco di nascondigli e passaggi segreti che l’intrico di vani, corridoi, scale, scale rendevano idonea allo scopo. Come emerge dai documenti, per tutto il conflitto il Vaticano non cessò di nascondere ebrei e rifugiati di guerra alleati. Si sapeva che i due sostituti Montini (più volte a rischio di arresto) e Tardini erano contrari al regime. Ma questo non impedì loro di dare disposizione, a guerra finita, di ospitare rifugiati tedeschi, per impedire che venissero uccisi. Era lo spirito del Vangelo a guidarli.

 

Intenzione del giorno

Preghiamo per i teologi e tutti coloro che dedicano la vita all’approfondimento delle verità cristiane.

 

Don’t forget! Le 100 immagini che hanno cambiato il mondo

 

Il 24-6-1948 l’URSS blocca gli accessi stradali e ferroviari a Berlino Ovest. Anche la rete elettrica viene scollegata. Comincia il cosiddetto “Blocco di Berlino”. La parte ovest è isolata, senza viveri né medicinali e completamente al buio: la prima reazione del comando americano è quella di una colonna umanitaria sotto scorta che viaggi dalla Germania occidentale a Berlino Ovest. Si sceglie di rifornire la città per via aerea. Si tratta dell’alternativa più costosa e complessa ma anche dell’unica possibile.

 

Perché? Perché sarebbe stato semplice per i sovietici bloccare un convoglio ferroviario senza sparare un colpo, esattamente come avevano isolato Berlino Ovest. Un atto criminale ma incruento. Abbattere un aereo in volo invece sarebbe stato considerato automaticamente un atto di guerra a cui le forze alleate sarebbero state legittimate a rispondere. La scommessa degli americani era che l’URSS non avrebbe rischiato un conflitto armato per Berlino. Il ponte aereo cominciò il 25 giugno, e durò 462 giorni durante i quali vennero lanciati dal cielo più di due milioni di tonnellate di viveri, carbone, acqua potabile e medicinali. Fu la più grande operazione di assistenza umanitaria della storia a cui parteciparono sotto comando americano piloti britannici, francesi, canadesi, australiani, neozelandesi e sudafricani. Ne morirono 70, ma alla fine ma Berlino ovest rimase in vita grazie a loro. Ci sono giorni in cui a Tempelhof atterrano più di 1300 voli in 24 h. Il detonante della crisi fu l’introduzione del nuovo marco tedesco da parte delle potenze occidentali, in concorrenza con la moneta debole e svalutata che i sovietici pretendevano di imporre a Est. Il risultato fu spettacolare. Il marco occidentale si impose su tutto il territorio come moneta di scambio, mentre la valuta sovietica fu snobbata dai berlinesi. Per vendicare l’offesa Stalin decise il blocco con l’intenzione di forzare gli alleati a lasciare Berlino. In tutta risposta il ponte aereo rifornì la città accerchiata e dimostrò ai suoi abitanti che la loro resistenza è quella di tutte le nazioni libere. Il 12 maggio 1949 l’Unione Sovietica cedette. Le vie d’accesso vennero riaperte e il blocco cadde, anche se i voli continuarono fino a settembre. La prima grande crisi della Guerra Fredda si concluse con la vittoria alleata. A documentare quei fatti c’era una delle migliori firme della rivista Usa Life: Walter Sanders. Nella sua foto gli elementi del dramma ci sono tutti: le macerie e i muri sbrecciati, la folla immobile con gli occhi al cielo, e tra le nuvole un grande aereo carico non di bombe, ma di dolcetti: i cargo C-47 erano infatti nominati Rosinenbomber cioè bombardieri di uva passa perché erano soliti sganciare pacchetti di cioccolato, chewing gum e confetti agganciati a piccoli paracadute per i bambini.