Riflessione del giorno

lunedì 22 marzo ’21

By Patronato S. Vincenzo

March 21, 2021

 

nell’immagine un dipinto di Guim Tiò

 

V settimana di quaresima

 

Proverbio del giorno – Cina

Nemmeno il cavallo più veloce può raggiungere una parola detta con rabbia.

 

Preghiera del giorno

Signore Gesù, il tuo pensiero mi illumini, la tua parola mi guidi, i tuoi occhi mi seguano, le tue orecchie mi ascoltino. Le tue braccia allargate sulla croce mi aprano all’amore universale, i tuoi piedi crocifissi mi spingano a donarmi senza misura di stanchezza ai fratelli. Il tuo cuore aperto sia per me fonte di grazia nel cammino e luogo di riposo nella stanchezza. Amen.

 

 

La parola di dio del giorno – Gv 8,1-11

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ella rispose: «Nessuno, Signore». Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

Riflessione del giorno – esempi di vita

Dopo una gara impegnativa, giunti all’interno della pista di atletica nella quale era previsto l’arrivo della corsa, il keniano Abel Mutai si apprestava a vincere in scioltezza e solitudine. Al termine della curva c’era un arco gonfiabile oltre il quale l’atleta keniota pensava di aver completato il percorso, mentre invece, aveva ancora 100m da percorrere sino all’arco d’arrivo. Ed ecco apparire alle sue spalle il secondo in gara, Iván Fernández Anaya. Entrati in dirittura d’arrivo. Il basco vede il keniano rallentare prima del traguardo, pensando di aver già attraversato la linea. Fernández, giunto a pochi cm dall’avversario, invece di sfruttare l’errore di Mutai, lo incita a riprendere a correre, indicandogli la linea d’arrivo, rallentando per transitare su di essa alle spalle di Mutai. Un gesto nobile, che merita di essere definito “sportivo”. A fine gara un giornalista ha chiesto a Fernández: “Perché l’hai fatto? Avresti potuto vincere!”. Fernández ha tagliato corto: “Ma quale sarebbe stato il merito della vittoria? Quale sarebbe l’onore di questa medaglia? Cosa avrebbe pensato mia madre? Anche se mi avessero detto che la vittoria mi avrebbe garantito un posto nella squadra spagnola per i campionati europei, non l’avrei fatto. E questo è molto importante, perché oggi, nel modo in cui vanno le cose in tutti gli ambienti, nel calcio, nella società, nella politica, in cui sembra che tutto sia permesso, un gesto di onestà è anche più importante”.

 

Intenzione di preghiera del giorno

In questa settimana dedicata alla memoria dei missionari martiri, preghiamo per tutti coloro che rischiano la vita per testimoniare la fedeltà al Vangelo e la liberazione dell’uomo.

 

Don’t forget! – Foto che hanno fatto storia

ANTICHI MESTIERI: I LAVANDAI

Gli strumenti di lavoro delle lavanderie (in bergamasco laandère cfr i “laander de Paladina) erano 4:

1) la pietra: una lastra di arenaria usata come piano per la battitura della biancheria.

2) La buca che permetteva al lavandaio una volta entrato, di battere la biancheria, sulla pietra e sciacquarla nell’acqua corrente che gli passava accanto.

3) La vasca, situata presso la caldaia, serviva per mettere in ammollo la biancheria con la lisciva.

4) La caldaia, era l’elemento più importante perché serviva per produrre la lisciva, l’unico detergente che si conoscesse al tempo; aveva una forma circolare costruita in materiale refrattario, del diametro di circa 100/120cm. ed era suddivisa in due parti. Nella parte più bassa si trovava il braciere, alimentato con i trucioli della lavorazione del legno, nella parte superiore c’era il contenitore in rame dove veniva scaldata l’acqua e successivamente sciolta la lisciva.

La settimana lavorativa iniziava il lunedì con la raccolta e la consegna della biancheria presso i clienti “dette poste”. Caricavano la biancheria pulita, con l’ausilio dei carrettieri, sul carro e tutti insieme partivano verso la città. I clienti erano di svariate categorie: famiglie benestanti, conventi, caserme, carceri, tutto era buono per racimolare qualche soldo. Dal martedì si iniziava con la segnatura dei panni (ogni cliente aveva un segno di riconoscimento), a seguire la suddivisione della biancheria chiara da quella scura, poi si proseguiva con il lavaggio, l’ammollo, la battitura, il risciacquo, la stenditura ed infine la ripiegatura e l’insacco. Il lavoro del lavandaio era faticoso e usurante; infatti, oltre al dover stare sempre a contatto con l’acqua per tutto l’arco dell’anno e con ogni tempo e con il rischio di essere contagiato dal contatto con la biancheria sporca.