Riflessione del giorno

lunedì 7 giugno ’21

By Patronato S. Vincenzo

June 06, 2021

 

10. Settimana Tempo Ordinario

 

Proverbio del giorno

Morire per Cristo, è vivere; vivere senza Cristo è morire.

 

Preghiera del giorno

Se con oggi ho un giorno in meno di vita è pur vero che ne resta disponibile ancora uno in più come occasione per rinnovare la mia personale conversione.

Guida, illumina e sostieni i passi delle mie ore o Signore: tempo prezioso nella costruzione … fino al tramonto di questo come degli altri che saranno. Amen.

 

Santo del giorno

 

Parola di Dio del giorno – Matteo 5,1-11

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».

 

Riflessione per il giorno (Mattutino di Mons. Ravasi)

Hassan Tabib, medico celebre, si era ritirato in una grotta a vita eremitica. Un giorno il sultano si ammalò e i medici non sapevano come curarlo.

Allora egli inviò il suo vizir da Hassan. Lo incontrò mentre stava preparando un misero pranzo di erbe. Lo supplicò ma quegli rispose: «Da anni ho scelto la solitudine e con regge e regnanti, poi, non ho mai avuto a che fare». Il vizir insistette e, alla fine, sbottò: «Se tu fossi al servizio del sultano, non saresti obbligato a mangiare erba come un somaro!».

L’eremita replicò: «Se tu mangiassi erba come me, non dovresti piegare il collo come un somaro al servizio del sultano!».

Ecco un illuminante apologo arabo di Mohammed ‘Oufi, autore della tradizione mistica musulmana, sulla libertà interiore vissuta da chi non si consuma nella smania di possesso, di successo, di onori e carriera.

È questo un dono profondo che è sempre meno capito in una società che assegna il primo posto all’affermazione di sé, alla stima altrui, alla venerazione di chi è ricco e potente, all’acclamazione, al benessere.

Quel medico musulmano, divenuto eremita, aveva capito, anche senza conoscerla, la lezione di Gesù a Marta: «Una sola è la cosa di cui c’è bisogno» in modo assoluto ed è l’ascolto, la quiete interiore, la pace e la libertà dello spirito.

Ed è proprio lo stress, come lo sono i compromessi con la coscienza, le umiliazioni da sopportare, il «piegare il collo come un somaro», a testimoniare l’alto prezzo da pagare per un successo transitorio. «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia”». Tutto il resto seguirà.

 

Intenzione di preghiera per il giorno

Preghiamo per gli operatori del turismo e del tempo libero, perché anche grazie a loro la stagione estiva sia l’occasione per gustare le bellezze del creato e dell’arte e per ringraziare.

 

Don’t forget! Foto storiche

29-5-1985: allo stadio Heysel di Bruxelles è in programma la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool.

Lo stadio è vecchio, con solo una rete metallica a dividere i tifosi inglesi da quelli italiani, e questa dovrebbe essere l’ultima partita giocata nel suo campo.

Un’ora prima del calcio di inizio ha luogo la tragedia: gli hooligan ubriachi del Liverpool iniziano a caricare i tifosi juventini che si ritirano impauriti.

La rete che funge da divisorio crolla in pochi minuti sotto le spinte dei tifosi inglesi, che costringono gli juventini ad ammassarsi contro il muro.

Il peso è eccessivo ed ecco che gli spalti crollano schiacciando i tifosi juventini. In molti cercano riparo lanciandosi nel vuoto, chi invece prova a salvarsi entrando in campo trova i manganelli delle forze dell’ordine, ma in tanti, troppi rimangono intrappolati nel caos e vengono calpestati dalla folla spaventata.

Mentre i corpi delle vittime giacciono nel parcheggio dello stadio, la UEFA decide di far giocare comunque la partita portando alla Juventus la sua prima Coppa dei Campioni.

Alla fine si conteranno 39 morti e oltre 600 feriti. La vittima più giovane ha 11 anni.