Martedì dell’ottava di Pasqua
Aforisma dal salmo 32
L’occhio del Signore su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.
Preghiera colletta
Dio, che ci hai donato i sacramenti pasquali, assisti questo popolo con la tua grazia, perché, raggiunta la libertà perfetta, possa godere in cielo quella gioia che ora pregusta sulla terra. Per il nostro Signore Gesù, tuo Figlio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno
Parola di Dio del giorno Giovanni 20,11-18
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?».
Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!».
Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Riflessione Frammenti di vita
Settimana Santa anni ’50 del secolo scorso: il curato di un paese delle nostre valli organizza una recita sulla Passione di Gesù ingaggiando i giovani dell’oratorio. La sala è gremita e la gente è coinvolta nella rappresentazione. Al momento della flagellazione, il soldato interpreta con tanta foga il ruolo di aguzzino, che la finzione lascia il posto alla realtà: il giovane Gesù cerca di far capire all’altro di moderarsi, finché non potendone più, gli urla contro un improperio seguito da una bestemmia.
Nel pubblico la tensione emotiva lascia il posto alla sorpresa. Ma quando irrompe sulla scena il curato che appioppa un calcio a Gesù gridandogli in bergamasco “Così impari a non bestemmiare” la sala scoppia in una risata che trasforma il dramma in farsa. Non si sa come sia andata a finire, ma di alcune cose si può star certi: il comico incidente ha fatto ridere al teatro la stessa gente che il giorno dopo ha partecipato con convinzione ai riti del Venerdì Santo.
È certo che il curato non ha fatto venir meno l’appoggio all’impulsivo Cristo bestemmiatore il quale non ha perso la fiducia in lui. Nessuno è stato denunciato per le frustate o per la pedata perché allora si era troppo impegnati a vivere per badare a questi dettagli. Ma soprattutto in quella comica recita, c’era più vita e verità di quanto ce ne sia oggi in certi nostri stanchi (anche se ineccepibili) riti religiosi o laici.
Intenzione di preghiera per il giorno
Preghiamo perché il Signore porti la pace nel cuore dei belligeranti russi e ucraini e dei loro capi.
Don’t forget! 1000 quadri più belli del mondo
AIMÉ MOROT: “IL BUON SAMARITANO”
1880 Olio su tela 268 x 198 cm. “Petit Palais” Parigi – Francia
Il francese Aimé Nicolas Morot (1850–1913) fu un pittore e scultore di stile accademico, ma con forti toni romantici e realisti. Studiò all’École Nationale des Beaux-Arts di Parigi ed ebbe riconoscimenti prestigiosi per le sue opere. Nel 1880 gli conferirono la medaglia d’onore proprio per il quadro “Il buon Samaritano” che oggi presentiamo.
Il quadro è dipinto in modo molto realistico ed è di dimensioni enormi (268 cm. altezza, 198 cm. larghezza) e quindi ha un impatto notevole quando ci si trova di fronte: entrambe le figure infatti sono raffigurate a grandezza naturale. Il corpo dell’uomo soccorso ricorda il Cristo: è dipinto infatti in modo molto simile a quello della Pietà di Michelangelo. Morot in questo quadro tratta la parabola del Buon Samaritano con realismo grave e crudo. La tavolozza dei colori è scarna: colori beige e toni grigi.
E poiché i colori sono tenui, il fulcro del dipinto diventa la composizione stessa. Qui sono rappresentati in modo convincente due temi centrali della fede cristiana: l’amore e la compassione. Il problema con la storia del Buon Samaritano (una delle parabole più conosciute e amate) è che in un certo senso abbiamo troppa familiarità con essa.
Ma confrontando il quadro di Morot con il testo evangelico, si scoprono possibile letture diverse: si noti come il soccorritore non sia diverso da colui che è soccorso: nudo l’uno (i briganti lo spogliarono lasciandolo mezzo morto, dice il testo) mezzo nudo l’altro, cioè poveri entrambi, come a sottolineare che solo un povero può davvero soccorrere un altro povero.
Il samaritano inoltre è più anziano del ferito, tanto da far pensare che sia un padre che sta soccorrendo e sorreggendo il figlio ferito (gli studiosi sostengono che in questo modo Morot avrebbe espresso la sua indignazione per la strage dei comunardi di Parigi del 1871 e fatto del quadro un vero e proprio manifesto delle sue idee in proposito).
L’asinello gravato oltre che dal peso delle ceste, anche da quello dell’uomo mezzo morto, procede a fatica in un ambiente ostile. Insomma nel quadro tutto parla della fatica e sofferenza della povera gente che però non rinuncia in nessun modo a sostenersi vicendevolmente. La compassione in quest’opera diventa prossimità, solidarietà totale di due “poveri cristi”: in questo quadro Cristo infatti è il ferito, così come Cristo è il soccorritore.