IV Settimana di Quaresima
Avvenne il 12 marzo…
515 a.C. – Viene completata la costruzione del Tempio di Gerusalemme
538 – Si conclude l’Assedio di Roma con la vittoria dei bizantini sugli ostrogoti
1930 – Gandhi guida la Marcia del sale di 300 km, per protestare contro il monopolio GB sul sale
1938 – Anschluss: i tedeschi occupano l’Austria. L’annessione viene dichiarata il giorno successivo.
1947 – Proclamata la Dottrina Truman, intesa a bloccare la diffusione del comunismo
1999 – Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca diventano membri della NATO
Aforisma di Shakespeare
Sii fedele a te stesso dal che segue, come la notte al giorno, che non devi essere falso con nessuno.
Preghiera
Dio fedele e misericordioso, questo tempo di penitenza e di preghiera disponga i cuori dei tuoi fedeli ad accogliere degnamente il mistero pasquale e a proclamare il lieto annuncio della tua salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno
Nacque a Pontecurone nella diocesi di Tortona, il 23-6-1872. A 13 anni entrò fra i Frati Minori di Voghera e nel 1886 entrò nell’oratorio di Torino fondato da don Bosco. Tre anni dopo entrò nel seminario di Tortona. Proseguì gli studi teologici, alloggiando in una stanzetta sopra il duomo dove ebbe l’opportunità di avvicinare i ragazzi a cui impartiva lezioni di catechismo.
Il 3-7-1892, il giovane chierico Luigi Orione, inaugurò il primo oratorio intitolato a S. Luigi. Nel 1895 fu ordinato prete. Fondò la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza e le Piccole Missionarie della Carità; gli Eremiti della Divina Provvidenza e le Suore Sacramentine.
Mandò i suoi sacerdoti e suore nell’America Latina e in Palestina sin dal 1914. Morì a Sanremo nel 1940. Papa Giovanni Paolo II lo proclamò Beato nel 1980 ed infine Santo nel 2004.
Parola di Dio del giorno Giovanni 5,1-16
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?».
Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?».
Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Perciò i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Riflessione il breviario di Mons. Ravasi
La maggior parte delle persone non è in grado di parlare di nulla se non parla di sé o comunque della cerchia di cui è il centro (Anthony Trollope). C’è un termine sontuoso in voga nel linguaggio colto: è «autoreferenzialità». Con esso si denuncia quel rinchiudersi a riccio degli specialisti nella torre d’avorio del loro linguaggio incomprensibile al volgo, nel mondo aristocratico delle competenze, nello splendido isolamento del proprio campo o classe. È un vizio che intacca la scienza, la filosofia, l’arte, la stessa teologia.
C’è, però, un’altra «autoreferenzialità» che è praticata anche da chi ignora persino l’esistenza di un simile vocabolo ed è quella bollata da un grande scrittore inglese dell’800, Anthony Trollope con la frase che proponiamo. Nel 1965 il regista Alessandro Blasetti girò un film significativo già nel titolo, Io, io, io… e gli altri, interpretato dai maggiori attori di quegli anni. Il titolo era già un programma: troppi, infatti, mettono al centro del loro dire, fare, calcolare solo se stessi, il loro ego coccolato e incensato, lasciando ai margini «gli altri».
Non è solo egoismo, è alla fine anche povertà di parole, idee, interessi. Senza arrivare al nostro Carlo Emilio Gadda che nella Cognizione del dolore esclamava: «L’io, io! Il più lurido di tutti i pronomi!», proviamo ad abbattere il muro dell’individualismo, ad ascoltare e a guardare la varietà dell’umanità che ci circonda. Sarà una ventata d’aria, forse anche turbinosa e rumorosa, ma capace di spazzar via l’atmosfera asfittica del nostro isolamento saccente e orgoglioso o, più semplicemente, monocorde e noioso.
Intenzione di preghiera
Perché rinunciamo a fare di noi stessi il centro del mondo per non correre il rischio di ridurre il mondo alle nostre miserabili dimensioni.
Don’t Forget! ALFRED SISLEY: BARQUE PENDANT L’INONDATION, PORT-MARLY
(La barca dopo l’inondazione a Port Marly)
1876, Olio su tela, 61 cm x 50 cm – Museé d’Orsay, Parigi
Alfred Sisley (1839–1899) di scuola impressionista, nacque, visse e lavorò sempre in Francia, per cui, anche se di famiglia inglese, è di fatto considerato un artista francese. In seguito ad una piena, nella primavera del 1876, la Senna superò gli argini ed allagò il comune di Port-Marly. L’artista dedicò sei tele a questo avvenimento, di cui due custodite al Museo d’Orsay.
La più famosa è quella che analizzeremo. In questo dipinto Sisley ha rappresentato i vari elementi del paesaggio circondati dall’acqua: sulla sinistra l’abitazione di un commerciante di vini e sulla destra una serie di alberi. Ci sono poi le imbarcazioni sullo sfondo, che danno profondità alla scena, e una in primo piano con due uomini, appena abbozzati.
Il cielo, tornato sereno e pieno di nuvole vaporose, occupa gran parte della tela, diventando parte integrante della scena. La vera protagonista del dipinto è l’acqua caratterizzata da riflessi mutevoli che ne rappresentano la trasparenza. Ne risulta un’armonia di toni grigi, misti al celeste e ai gialli chiari, che, con il bianco e l’azzurro del cielo, danno luminosità alla scena.
Il dipinto può apparire sproporzionato, in quanto la mole della casa, ben definita e rappresentata, contrasta con le file di alberi che appaiono esili, spogli ed uniformi nel loro colore appassito: ma è evidente che il pittore ha voluto fare della casa il punto di riferimento e di solidità rispetto a un elemento fluttuante e instabile come l’acqua.
Altra caratteristica sorprendente è che non è il dramma provocato dalla calamità ad apparire nel quadro, ma un sentimento di calma e tranquillità: è come se il pittore volesse comunicare a chi guarda il quadro che l’inondazione che ha sconvolto la vita del paese è ormai in via di soluzione. Rimane comunque qualcosa di sinistro: quegli alberi avvizziti, quei rami secchi che da una parte testimoniano la tristezza e il dolore e dall’altra l’attesa di una rinascita.