Riflessione del giorno

martedì 18 febbraio ’20

By Patronato S. Vincenzo

February 17, 2020

 

 

nell’immagine una fotografia di una signora con sigaro cubano – Havana

 

 

 

Aforisma del giorno (Padri della chiesa)

Anima mia, ascolta nel tuo fondo, ascolta dove la verità si fa sentire, guarda dove non c’è inganno.

 

Iniziamo la Giornata Pregando (Uscendo di chiesa)

Dio paziente e misericordioso, che rinnovi nei secoli la tua alleanza con tutte le generazioni, disponi i nostri cuori all’ascolto della tua parola, perché in questo tempo che tu ci offri si compia in noi la vera conversione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…Amen  

 

GELTRUDE COMENSOLI FONDATRICE

Nata a Bienno (BS), nel 1847 vive un’infanzia serena e frequenta le elementari del paese. Svela fin da bimba la sua sensibilità eucaristica: a 6 anni, un mattino, entra nella chiesa dove si celebra la Messa prima e riceve la Comunione “segreta”. Nel 1866 entra nella Compagnia di S. Angela Merici e a Bergamo con don Francesco Spinelli, nel 1882 fonda l’Istituto delle “Suore Sacramentine di Bergamo”. Muore il 18 febbraio 1903.

 

Ascoltiamo la Parola di Dio del giorno (Marco 8,14-21)

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane». Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non capite ancora?». 

 

Riflessione del giorno (Abitare le Parole di Mons. Galantino)

Entusiasmo. La parola è entrata tardi nel nostro vocabolario, probabilmente per influsso della lingua francese. Sono almeno due le sue derivazioni etimologiche. Per la prima, essa trarrebbe origine dalla radice greca thus da cui il verbo enthousiazein. La radice thus rimanda a una sorta di furore, di impeto e slancio. Addirittura di delirio sacro. L’altra rimanda al greco enthus o en-théos: avere un dio dentro, e quindi essere spinto da forza interiore irresistibile. Al di là delle dispute tra etimologi, l’entusiasmo è energia interiore, alternativa al modo arido, opaco e deluso di stare al mondo e capace di dare anima e mettere ali a parole e a gesti. L’entusiasmo è forza che spinge en-théos, verso ciò che sta in alto e più avanti rendendo realizzabili i sogni. Ma solo la presenza di un piano realistico che lo riguardi e le motivazioni chiare che danno attuazione segnano la differenza tra l’entusiasmo ed il fanatismo. Dante, stigmatizza chi si lascia possedere dal contrario dell’entusiasmo, cioè dall’accidia: egli li considera “sciagurati, che mai non fur vivi”. Può vivere in maniera entusiasta solo chi coltiva realisticamente pensieri positivi su di sé e sugli altri, anche in presenza di limiti evidenti. Non perdere l’entusiasmo, in questi casi, è come continuare a soffiare su scintille che stanno per spegnersi. È come “andare di terra in terra, di amore in amore, perdutamente, e all’ultimo orizzonte scoprire che Dio non era nelle stanche parole, nel gelo dei monumenti. Era nel brivido del tuo inquieto cammino” (A. Casati).

 

Intenzione del giorno

Preghiamo perché viviamo ogni giorno come tempo di grazia e di conversione.

 

Don’t Forget! “I 1000 quadri più belli del mondo”

 

Diego Quispe Tito (1611 – 1681) pittore peruviano di origine andina del XVII secolo, è considerato fra i membri più importanti della scuola pittorica del Cuzco, l’antica capitale del regno incaico che gli spagnoli avevano trasformato nella città avamposto della regione andina. Quispe Tito era un seguace di Gregorio Gamarra, a sua volta discepolo di P. Bernardo Bitti gesuita, pittore e scultore italiano che si naturalizzò peruviano e insegnò ai locali a dipingere allo stile europeo. La pittura di Diego Q. Tito ha avuto due fasi: la 1.a caratterizzata dal manierismo europeo, la 2.a influenzata dall’arte fiamminga. Tuttavia egli riuscì a sviluppare e imporre il nuovo stile sulla pittura coloniale grazie ai paesaggi di fiori e animali che diventeranno caratteristici della scuola pittorica di Cuzco.

Il suo lavoro più conosciuto, i Segni dello Zodiaco, fu eseguito per la Cattedrale di Cusco e si rifà fedelmente alle stampe fiamminghe di Adriaen Collaert (vedi sotto) che si diffusero in

Il quadro è stato realizzato per la cattedrale del Cuzco ed è custodito nel palazzo arcivescovile della città e fa parte della serie di 12 quadri (ne rimangono 9) che associano al segno zodiacale un tema biblico: nel nostro caso ai pesci è associata la vocazione di Pietro e Andrea ai quali Gesù affida il compito di diventare pescatori di uomini (cfr. Marco 1). Il pittore copia con assoluta fedeltà la stampa di Collaert nei più piccoli dettagli…ma dimostra di non aver colto i caratteri tipici dell’arte europea del tempo: per esempio il senso della prospettiva che nel quadro di Tito Cusi è non solo assente, ma sbagliata; il gioco di luci e ombre che non corrisponde a logica, la consistenza dei personaggi …tutto è interpretato in senso decorativo, ingenuo, potremmo dire “naif” in termini moderno. Colpisce anche l’assenza di riferimenti al mondo andino: c’è la trasposizione completa dell’ambientazione fantastica che il pittore fiammingo fa della Palestina dei tempi di Gesù, alla quale Tito Cusi aggiunge solo l’atmosfera nitida dei panorami andini dove il mare della stampa fa pensare al lago Titicaca.