II Settimana del Tempo Pasquale
Proverbio del giorno (Proverbi africani)
” Come il mare non si prosciuga mai, così la misericordia di Dio non viene mai meno”
Preghiera del giorno (Preghiera di Pasqua)
Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato: fa’ che la Pasqua segni una vittoria completa sul nostro peccato. Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo vita immortale: fa’ che il nostro corpo riveli la grazia che lo vivifica. Signore Gesù, risorgendo da morte hai portato la tua umanità in cielo: fa’ che anch’io giunga al Cielo, con una vera vita di fede. Signore Gesù, salendo al Cielo, hai promesso il tuo ritorno: fa’ che la famiglia umana si ricomponga nella gioia eterna. Amen
ANSELMO DI AOSTA
Nasce verso il 1033 ad Aosta da genitori nobili e ricchi, ma a 15 anni sente il desiderio di farsi monaco. Contrastato dai genitori decide di andarsene: dopo tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, ad Avranches, in Normandia, nell’abbazia del Bec, conosce il priore Lanfranco di Pavia che ne cura il percorso di studio. Nel 1060 Anselmo entra nel seminario benedettino, di cui diventerà priore. Qui avvierà la sua attività di ricerca teologica che lo porterà ad essere annoverato tra i maggiori teologi dell’Occidente. Nel 1076 pubblica il «Monologion». Nel 1093 diventa arcivescovo di Canterbury. A causa di dissapori con il potere politico è costretto all’esilio a Roma due volte. Muore a Canterbury nel 1109.
La Parola di Dio del giorno (Giovanni 3,7-15)
Gesù disse a Nicodemo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodemo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chi crede in lui abbia la vita eterna».
Riflessione per il giorno (Pablo Neruda)
Ora, lasciatemi in pace. / Ora, abituatevi alla mia assenza. / Io chiuderò gli occhi / e dirò solo cinque cose, / cinque radici preferite. / Una è l’amore senza fine. / La seconda è vedere l’autunno. / Non posso vivere senza che le foglie / volino e tornino alla terra. / La terza è il grave inverno, / la pioggia che ho amato, la carezza / del fuoco nel freddo silvestre. / La quarta cosa è l’estate / rotonda come un’anguria. / La quinta sono i tuoi occhi. / Non voglio dormire senza i tuoi occhi, / non voglio esistere senza che tu mi guardi: / io tramuto la primavera / affinché tu continui a guardarmi. / Amici, questo è quanto voglio. / È quasi nulla ed è quasi tutto. / Ora se volete andatevene. / Ho vissuto tanto che un giorno / dovrete per forza dimenticarmi, / cancellarmi dalla lavagna: / il mio cuore è stato interminabile. / Ma perché chiedo silenzio / non crediate che io muoia: / mi accade tutto il contrario: / succede che sto per vivere. / Mai sentito così sonoro, / mai avuto tanti baci. / Ora, come sempre, è presto. / La luce vola con le sue api. / Lasciatemi solo con il giorno. / Chiedo il permesso di nascere.
Intenzione del giorno
Preghiamo perché la Pasqua porti gioia e speranza a tutti i cristiani e uomini di buona volontà.
Don’t forget!
Belloccio, sciupafemmine e un po’ sadico, Daniele Crespi, pittore cult del Seicento lombardo, ha la fama di artista maledetto: ma questo fa parte della leggenda che gli ha appioppato l’etichetta di genio sregolato, enfant terribile della pittura italiana all’epoca della Controriforma. Il realtà la figura di Daniele (1598-1630) sfugge a un preciso riconoscimento a causa della sua indole versatile, capace di spaziare dal ritratto alle scene mitologiche. Il Crespi morì giovane a causa della peste detta di S. Carlo e il santo milanese è il soggetto di quello che è ritenuto il suo capolavoro, un quadro pervaso dai nuovi dettami della Controriforma cattolica, ma che raccoglie la lezione di Caravaggio e raggiunge livelli di rigore e di pathos quasi assoluti.
In una stanza scura e spoglia S. Carlo, con la rossa veste cardinalizia, siede preparandosi a consumare un pasto frugale, consumato su una scarna tavola senza tovaglia: un pane appoggiato sul piatto, la bottiglia di vetro con l’acqua, una coppa trasparente vuota. Il digiuno del santo è accompagnato dalla preghiera e dalla meditazione sulla Passione di Cristo. La scena si svolge nell’assoluta privatezza e nel silenzio della piccola stanza; vengono tuttavia introdotti due personaggi che emergono appena da un’apertura in fondo a destra, chiamati a testimoniare il rigore morale del santo, coltivato anche nei momenti di solitudine. L’iconografia è singolare, inedita e forse unica: questa immagine dimessa contrasta infatti con l’iconografia ufficiale del santo, volta a esaltarne la fisionomia “eroica”. L’iscrizione che appare sul bordo del tavolo («Sic lachrima et panes mihi fuerunt die ac nocte / sic poculum cum fletu miscebam / et in divini verbi lectione ac meditatione / ut adipe et pinguedine anima repletur.») chiarisce il tono penitenziale della scena e l’inclinazione di san Carlo a una vita ascetica, fatta di digiuni e mortificazioni fisiche. Il messaggio è reso ancora più esplicito dalla tecnica pittorica adottata da Crespi, che rinuncia all’utilizzo di mezzi appariscenti, in favore di una ricercata essenzialità. Stupendo il brano di natura morta del tavolo, denso di realismo ed essenziale che fa pensare al miglior Zurbaràn.