Sesta settimana di pasqua
Aforisma del giorno di Soren Kierkegaard
La vita non è un problema da risolvere. È un mistero da vivere.
Preghiera del giorno di Soren Kierkegaard
O Dio nostro Padre, tu ci hai amato per primo! Signore, noi parliamo di te come se ci avessi amato per primo in passato, una sola volta. Non è così: tu ci ami per primo, sempre, tu ci ami continuamente, giorno dopo giorno, per tutta la vita.
Quando al mattino mi sveglio e innalzo a te il mio spirito, Signore, Dio mio, tu sei il primo, tu mi ami sempre per primo. E sempre così: tu ci ami per primo non una sola volta, ma ogni giorno, sempre. Amen.
Santo del giorno
Parola di Dio del giorno Giovanni 16,5-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio.
Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».
Riflessione del giorno Frammenti di vita
Al Patronato a volte si fanno incontri davvero sorprendenti. Mesi fa un prete dalla fede profonda e dalla dedizione assoluta al ministero, sfogava la sua amarezza di fronte “al covid19 che ha dimezzato le presenze in chiesa…ai banchi sempre più vuoti…ai bambini sempre più rari…ai giovani spariti…ai preti che invecchiano e non sono rimpiazzati…Sta venendo giù tutto e non vediamo più il futuro. Mi sento un fallito…Dove stiamo sbagliando?” si chiedeva con le lacrime agli occhi.
Allora mi ricordai di un testo su S. Francesco che mi aveva illuminato nei tempi più duri della missione. Il santo, in crisi riguardo al futuro del suo ordine, si era rivolto a sorella Chiara che gli aveva risposto: “Mettiamo che una nostra suora venga a scusarsi d’aver rotto un oggetto per via d’un gesto maldestro o di poca attenzione: ebbene, le farei un rimprovero e le infliggerei una penitenza.
Ma se venisse a dirmi d’aver dato fuoco al convento e che tutto è bruciato, in tal caso non avrei nulla da ribattere. La distruzione del convento è un fatto troppo grande perché io possa esserne turbata. Ciò che Dio stesso ha costruito non può dipendere dalla volontà o dal capriccio di una delle sue creature, ma si fonda per forza su basi ben più solide”.
(1) Éloi Leclerc “La sapienza di un povero”.
Intenzione di preghiera per il giorno
Perché l’attuale emergenza mondiale legata al blocco del frumento a causa della guerra in Ucraina finisca prima possibile e non aumenti il disagio già insopportabile che colpisce interi popoli.
Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo
ALEXANDRE ANTIGNA: LA MORTE DEL POVERO
1849 – olio su tela – 130,5 x 196,5 cm – museo Charles de Bruyères – Remiremont Francia
Il pittore francese JEAN PIERRE ALEXANDRE ANTIGNA (Orléans 1817 – Parigi 1878) che fino al 1845 focalizza la sua arte su temi religiosi, in seguito al suo soggiorno nel quartiere povero di Île Saint-Louis a Parigi, si avvicina al tema della povertà e della sofferenza ai quali deherà gran parte della sua produzione pittorica al punto da essere definito dai critici “il pittore degli umili”.
Il suo quadro “La Veuve” (la tela sarà poi nota come “La mort d’un pauvre”) presentato al Salon del 1849 è senza dubbio uno dei più significativi dello stile realista del pittore ed è il suo dipinto più richiesto nelle tante mostre organizzate sulla corrente del realismo pittorico. Di forte impatto drammatico ed emotivo, tipico delle produzioni dell’Antigna di quell’epoca, la composizione mostra una madre e i suoi due orfani presso il cadavere del padre, adagiato sul pagliericcio in un misero interno.
La composizione è ridotta all’essenziale ed è per questo di grande impatto: alla linea orizzontale del padre defunto, si contrappone la struttura piramidale dei superstiti, la giovane vedova e i due orfani. La madre contempla nella più profonda desolazione il volto scarno e pallido del marito defunto: il bimbo seduto ai suoi piedi guarda verso lo spettatore, mentre la ragazzina inginocchiata si appoggia al ginocchio della madre, nascondendo il volto fra le mani…Nella nicchia della parete, le poche suppellettili compongono una natura morta e ai piedi del bambino, la bottiglietta della medicina e il cucchiaio giacciono a terra, testimoni muti della inutilità delle cure peraltro inadeguate alla gravità del male.
La desolazione è accentuata dalla povertà dell’ambiente, dai colori spenti e tendenti al grigio e dalla luce che impatta sul dolore dei sopravvissuti mentre l’ombra dello sfondo accentua il dramma della morte. Il pittore riesce a trasfondere nella tela il suo sentimento di vicinanza e solidarietà con il dramma dei poveri, tanto da farne partecipi anche gli spettatori più indifferenti…è impossibile infatti non avere sentimenti di umana compassione e solidarietà di fronte a una scena come questa.