Riflessione del giorno

martedì 9 febbraio ’21

By Patronato S. Vincenzo

February 08, 2021

 

 

nell’immagine un dipinto di Władysław Teodor Benda –  pittore, illustratore e designer polacco

 

 

V Settimana Tempo Ordinario 

 

 

 

 

Proverbio del giorno – dal libro dei Proverbi 

«Lo stolto dà sfogo a tutto il suo malanimo, il saggio alla fine lo sa calmare»

 

 

 

Ascoltiamo la Parola di Dio Marco 7,1-13

Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti – i farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre” e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

 

 

 

Intenzione del giorno

Preghiamo per chi non sente il bisogno di conoscere e amare Dio, affinché senta la sete di lui

 

Don’t forget! “i 1.000 quadri più belli del mondo”

 

Brook Watson aveva 14 anni ed era stato arruolato dallo zio, ricco mercante bostoniano, su una delle sue navi operanti sulla tratta delle Indie Occidentali. La passione del giovane orfano per il mare sconfinava spesso nell’incoscienza tipica dell’età e concedersi una nuotata all’interno delle tranquille acque dello scalo cubano poteva sembrare un veniale peccato di gioventù. Fu probabilmente uno squalo tigre a ghermire per due volte il ragazzo per il piede destro: nel primo attacco, trascinò la vittima sott’acqua e gli strappò la carne del polpaccio; poi tentò di trascinare Brook al largo, recidendo l’arto appena sopra la caviglia. I compagni si lanciarono al salvataggio, riuscendo ad allontanare lo squalo con un arpione e a recuperare il giovane quasi esanime. Watson sopravvisse e, nonostante l’amputazione della gamba destra, dopo tre mesi in un ospedale dell’Avana si era ristabilito. I successi che la vita gli riservò furono però enormi: dopo una distinta carriera militare, divenne ricco mercante e trasferitosi a Londra, fu membro del Parlamento, sindaco della capitale britannica nel 1796, direttore della Banca di Inghilterra e infine nominato baronetto.

L’incontro col pittore JOHN SINGLETON COPLEY (1738-1815), uno dei principali esponenti dell’arte americana del periodo coloniale, avvenne in Inghilterra probabilmente nel 1774: Watson commissionò all’artista l’opera per ricordare l’evento che aveva cambiato la sua vita. Il pittore Copley non visitò mai L’Avana, né forse ebbe mai modo di vedere uno squalo dal vivo (il che appare chiaro nel modo con cui è reso l’animale) e tuttavia la vitalità della rappresentazione ne fa un’opera singolare, la cui sorprendente freschezza rimarrà sconosciuta agli artisti europei, che mai avrebbero scelto un simile soggetto da tradurre in pittura, almeno fino al capolavoro di Géricault “La Zattera della Medusa”, del 1819. La composizione della scena non è esente da qualche ingenuità romanzesca tipicamente americana, ma corrisponde al gusto dell’epoca e in particolare ai canoni neoclassici che caratterizzano la carriera europea di Copley, a partire dal suo viaggio in Italia del 1774.