Settima settimana di pasqua
Aforisma del giorno da Atti 20,35
Si è più beati nel dare che nel ricevere.
Preghiera del giorno di Maria Noel
Dio mio, non ti amo, forse non lo desidero neanche. Mi annoio con te, forse addirittura non ti credo. Ma passando guardami.
Sosta per un attimo nell’anima mia, metti un po’ d’ ordine così, senza darmelo a vedere, senza dirmi niente, senza che io me ne accorga…. Se vuoi che io creda in te, dammi la fede.
Se vuoi che io ti ami, dammi l’amore. Ti do quello che ho; la debolezza, il dolore. E questa tenerezza che mi tormenta e che tu vedi bene. Questa tristezza…. E la mia speranza! Ecco tutto!
Santo del giorno
Parola di Dio del giorno Giovanni 17,11-19
Gesù, alzati gli occhi al cielo, pregò dicendo: «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato e li ho conservati e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura.
Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità, la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».
Riflessione del giorno da frammenti di vita
Era arrivata al punto di non poterne più ed era stata tentata di ascoltare chi la consigliava di dare un taglio al rapporto con un marito che le aveva reso impossibile la vita, ma qualcosa la tratteneva ogni volta: “È pur sempre il padre dei miei figli –si giustificava- e poi anch’io ho fatto i miei errori…” e di giustificazione in giustificazione i due percorrevano un altro tratto di vita insieme.
Finché la donna aveva notato che lui stava diventando più calmo, remissivo e docile…ma la diagnosi del medico non lasciava speranze: “Suo marito ha un grave morbo invalidante…”. L’uomo è morto un anno fa. Ma ha vissuto sette anni ininterrotti in casa sua, senza mai fare un giorno di ospedale neppure quando il covid19 infuriava.
È stato assistito giorno e notte da moglie e figli; e dalla badante solo quando gli impegni di lavoro erano improrogabili. Nei rari momenti di lucidità guardava la sua donna e gli occhi gli si riempivano di lacrime e dai suoi figli si lasciava fare tutto sorridendo, lui così intrattabile da sano.
I medici gli avevano pronosticato pochi anni; l’amore dei suoi glieli ha raddoppiati. S’è spento serenamente e a chi gli ha donato il tesoro del suo affetto, lui ha risposto donando ciò che di più prezioso gli era rimasto: il suo dolore.
Intenzione di preghiera per il giorno
Per i genitori perché come insegna il 4° comandamento ricevano l’onore dai loro figli.
Don’t forget!
Giornata mondiale Onu dei genitori
Vite straordinarie
IRENA SENDLER (1910 – 2008)
INFERMIERA POLACCA CHE SALVÒ 2.500 BAMBINI EBREI
Nasce a Varsavia nel 1910 e fin da piccola trascorre molto tempo con i coetanei di origine ebrea e a 5 anni è in grado di parlare yddish. Il padre è medico e fra i suoi pazienti ci sono molti ebrei poveri di cui si prende cura gratis. Alla sua morte nel 1917, la comunità ebraica offre un sussidio alla famiglia in segno di gratitudine.
Da ragazza Irena entra nel movimento scout e durante gli anni universitari si oppone alla discriminazione degli studenti ebrei. Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale, ha 29 anni e lavora come assistente sociale per l’amministrazione comunale, dove soccorre gli ebrei oggetto di ogni tipo di discriminazione da parte dell’autorità nazista occupante.
Nell’autunno 1940 a Varsavia, quasi 400.000 ebrei sono trasferiti nel ghetto in condizioni igieniche precarie e nella mancanza di cibo e medicine: si moltiplicano le epidemie e il tasso di mortalità è altissimo. Come infermiera, Irena riesce a ottenere un lasciapassare: con la scusa della disinfestazione, organizza il soccorso procurando cibo, generi di conforto, vestiti.
Nel 1942 nasce l’organizzazione segreta “Consiglio per l’aiuto agli ebrei” (Zegota) e Irena ne diventa responsabile del dipartimento infantile con il nome in codice di Jolanta. Alla decisione dei tedeschi di liquidare il ghetto inizia a trasferire i bimbi, vestita da infermiera, nascondendoli nelle ambulanze: spesso vengono addormentati con i sonniferi e rinchiusi in un sacco o in una cassa, facendo credere agli uomini della gestapo che si tratta di morti per tifo.
Usciti dal ghetto i bambini sono raccolti in centri di assistenza, dove imparano ad adattarsi al nuovo ambiente e poi assegnati a famiglie, orfanotrofi o conventi. Il 20-10-1943, i nazisti arrestano “Jolanta” e la torturano brutalmente per tre mesi senza riuscire a farla parlare; la condannano a morte e la trasferiscono in carcere.
Zegota riesce, all’ultimo momento, a corrompere un generale nazista con una grossa somma di denaro per salvare Irena. Da quel momento la sua vita cambia: deve vivere in clandestinità, col nome di Klara Dabrowska, perché ufficialmente è stata fucilata, il che non le impedisce di continuare a collaborare con Zegota e aiutare gli ebrei, salvando molti bambini (circa 2.500).
Durante l’Insurrezione di Varsavia lavora come infermiera nel Punto Sanitario e dopo la guerra entra nel Centro di Aiuto Sociale della capitale. Contribuisce a creare orfanotrofi, un Centro di Assistenza per le Madri e i Bambini in difficoltà, istituzioni a sostegno delle famiglie disoccupate.
E’ perseguitata anche dai Servizi di Sicurezza comunisti: nel 1949 è brutalmente interrogata, perché sospettata di nascondere membri dell’Esercito Partigiano (AK). Dal 1948 al 1968 è iscritta al Partito Operaio Unificato Polacco, da cui esce dopo nel 1968, in segno di protesta per le repressioni contro studenti ed intellettuali, e per la campagna antisemita lanciata dal governo Nel 1980 aderisce a Solidarność. Negli anni del comunismo la “Repubblica Popolare Polacca” si dimentica di lei.
Nel 1999 l’insegnante americano Norman Conard fa mettere in scena un’opera teatrale intitolata Life in a Jar (la vita in un barattolo). Il titolo si riferisce al modo con cui Irena aveva conservato i nomi dei bambini salvati, interrandoli sotto un melo del giardino, chiusi in un barattolo di vetro, con i dati dei veri genitori e di quelli adottivi, insieme agli effetti personali. Finito il conflitto la lista, consegnata ai leader della comunità ebraica, permise ai bambini di ritrovare le famiglie. Irena è morta il 12 maggio 2008 a Varsavia, suscitando grande emozione nel Paese.