nell’immagine un dipinto di Tamara de Lempicka
Proverbio del Giorno (africa)
E’ più facile deviare il corso di un fiume che cambiare il comportamento di un cattivo soggetto.
Iniziamo la Giornata Pregando
Glorioso e potente Signore, che alterni i ritmi del tempo, irradi di luce il mattino e accendi di fuochi il meriggio, tu placa le tristi contese, estingui la fiamma dell’ira, infondi vigore alle membra, ai cuori concedi la pace. Sia gloria al Padre ed al Figlio, sia onore al Santo Spirito, all’unico e trino Signore sia lode nei secoli eterni. Amen.
RITA DA CASCIA
Data in sposa a un uomo brutale e violento che, convertitosi, venne in seguito ucciso per vendetta. I figli giurarono di vendicarlo e Rita, non riuscendo a dissuaderli, pregò Dio di farli piuttosto morire. Quando ciò si verificò, Rita si ritirò in monastero. Qui condusse santa vita con particolare spiritualità in cui veniva privilegiata la Passione di Cristo. La sua esistenza di moglie di madre cristiana, segnata dal dolore e dalle miserie umane, è ancora oggi un esempio.
Ascoltiamo la Parola di Dio (Giovanni 15,1-8)
Disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Riflessione per Il Giorno (Frammenti di vita)
La stanza non piccola, è piena di gente che si muove con discrezione e parla sommessamente come conviene alla presenza di un defunto. C’è chi piange, chi fa forza a chi piange abbracciandolo, chi prega, chi parla del morto, perché il silenzio di chi se ne è andato è insopportabile per chi è rimasto. E se la malattia ci rende poveri, lui lo è stato più di tutti: 21 anni di vita col cervello che correva in un corpo bloccato, con la necessità di dipendere sempre per tutto da tutti, con la certezza che domani sarà peggio di oggi…come sopportare una situazione così? Non a caso “poveretto” è la parola più ripetuta. Qualcosa però non quadra: se la vita è un calvario, la morte dovrebbe essere una liberazione. Ma allora perché tutti piangono e non accettano che almeno ora lui non soffra più? Una donna che ha seguito ogni passo della via crucis, comincia a parlare e il mormorio nella sala poco a poco si spegne: “Non ditegli poveretto, perché ci ha arricchiti tutti e ora che non c’è più, siamo noi i poveri”. E un altro legge una sua frase che è il succo dei 21 anni di dolore: “Ora sono meno bravo, ma mi sento più amato”. Il defunto è don Roberto Pennati.
Intenzione del giorno
Preghiamo per la Ciudad del Niño di Cochabamba e per tutti i suoi piccoli ospiti
Don’t forget!