“Devo andare a Roma all’ambasciata del mio paese per rinnovare il passaporto, ma non ho i soldi…”. Il racconto è così paradossale che fatico a credere a quel che sento: vuol fare un nuovo passaporto perché il vecchio contiene “imprecisioni”. “Sarebbero?” chiedo. Come a uno tardo di comprendonio, mi ripete: “I funzionari hanno sbagliato il mio nome”. “Solo il nome?”. “A dire il vero anche il “surname” è inesatto”. Giusto: pure il cognome è diverso. Non è finita: “Riguardo alla data di nascita poi c’è un piccolo errore”. Chiamalo piccolo: sarebbe nato 10 anni prima! “E anche il luogo di nascita è inesatto: hanno confuso due regioni vicine”. Parla senza imbarazzo, come se fosse la cosa più normale del mondo. Insomma gli unici dati certi riguardano la razza (nera) e il sesso (maschile): su tutto il resto la situazione è fluida, in via di definizione. Non è nostro ospite, così gli do qualcosa e lo lascio andare. Intanto mi vien da pensare che alcuni interpretano la loro vita come il gioco del telefono senza fili dove i bambini si passano la parola segreta all’orecchio. In questo gioco il risultato finale non coincide quasi mai con la parola iniziale. Proprio come lui che a 30 anni non sa ancora chi è, ma forse sa chi vorrebbe essere…e a questo punto è meglio non indagare!
– don Davide –