Ha il permesso di soggiorno, ma non trova lavoro, forse perché, minuto e balbuziente com’è, nessuno è portato a dargli credito.
Ma se la cava come sarto –così sostiene lui- e perciò gli si è assegnata una stanzetta con la macchina da cucire e qualche attrezzo del mestiere. “Com’è andata in questi giorni?”. “Ho preso due euro per un petit travail.
Ma siccome la moda vuole i pantaloni rotti, temo che nessuno li farà aggiustare…” risponde deluso. Mentre noi ci si interroga sul da farsi, un altro africano passa all’azione: da uno sacco del deposito sceglie i capi di vestiario più malconci e chiede al sarto: “Quanto vuoi per sistemarli?”.
Un rapido controllo e l’altro risponde: “30 euro”. “Facciamo 50” rilancia l’altro “tanto chi te li manda può pagare”.
Il giorno seguente mi vengono consegnati dei capi di vestiario piegati alla bell’e meglio da parte dell’intraprendente amico del sarto: “Nel deposito c’è un sacco di indumenti malridotti e ho pensato di farli sistemare: garantisco che il lavoro è ben fatto e credo che 50 euro sia la cifra giusta” fa lui sorridendo. “Non gliel’ho chiesto io di fare questo lavoro: perché dovrei pagare?”. “Perché tu hai detto che dovevamo aiutarlo e ognuno doveva metterci del suo: io ci ho messo la buona volontà; tu mettici i soldi”.
Così gli indumenti sono tornati nel sacco del deposito; il sarto è contento e il suo amico ancora più di lui.
– don Davide –