Quando per la prima volta ho letto il testo medievale “Speculum asceticum” attribuito a S. Bernardo, sono rimasto colpito da alcune raccomandazioni: “Non credere a tutto ciò che senti; non giudicare tutto ciò che vedi” e fin qui, d’accordo.
Ma il seguito del testo “Non fare tutto quello che puoi; non dare tutto ciò che hai; non dire tutto ciò che sai” qualche domanda l’aveva suscitata, ma ci ha pensato il quotidiano contatto coi poveri a dare la risposta. Per chi lavora nell’ambito della carità, la prima cosa da tenere presente è infatti la consapevolezza dei “propri” limiti.
Perché il quotidiano contatto coi miseri potrebbe farci dimenticare che quel che essi sono ai nostri occhi, noi lo siamo agli occhi di Dio. Non fare tutto ciò che si può, non dare tutto ciò che si ha, non dire tutto ciò che si sa, in fondo è ammettere il fatto che ad aiutare i poveri, siamo noi cioè altri poveri che, sapendo di aver ricevuto tutto da Dio, rinunciamo alla pretesa di sostituirci a Lui, l’Unico che può fare tutto, può dare tutto e può dire tutto, senza sminuire sé stesso e senza umiliare nessuno.
A queste tre raccomandazioni, ne aggiungiamo una quarta: bussa alla porta del povero e non forzare il suo mistero, perché nella vita di alcuni ci sono abissi di tenebre e di dolore in cui è difficile gettare le sguardo senza esserne travolti.
– don Davide Rota