In un afoso pomeriggio festivo, nel cortile deserto del Patronato un tipo attende una persona con cui parlare. Poggiato al trolley, pare un turista che cerca informazioni, ma dopo i convenevoli, si scopre che è un italiano non più giovane, ma che nasconde bene l’età: i vestiti eleganti, il fisico curato, l’abbronzatura perfetta fanno pensare a certi attempati «viveurs» che popolano le spiagge di giorno e la movida di notte.
A colpire più di tutto è il profumo che ha addosso, così intenso da risultare fastidioso. «Mi dica» chiedo, e lui va diritto al punto: «Sono alla ricerca di un posto, perché vivo in strada». Siccome non ritiene di spiegare perché si sia ridotto così, non insisto a volerlo sapere e mi limito a dirgli che non c’è un posto libero nella casa.
L’informazione è corretta, ma sapendo che non ci crederà, aspetto che torni alla carica e tenti di estorcere il sì per sfinimento. Invece lui prende su l’elegante trolley e se ne va senza una parola.
Al Patronato si ha a che fare con persone di ogni tipo: ma costui che dalla vita si è sempre preso tutto ciò che voleva, quando si è trovato nella condizione di dover chiedere, non ne è stato capace. Eppure sarebbe bastato poco, solo un briciolo di umiltà. Ed è per questo che di lui qui dentro è rimasta solo la scia del suo profumo.