Riflessione del giorno

venerdì 14 agosto ’20

By Patronato S. Vincenzo

August 13, 2020

 

nell’immagine un dipinto di Chaim Soutine

 

 

XIX Settimana tempo Ordinario

 

Aforisma del Giorno (Nicolas Gomez Dàvila)

Chi si ostina a voler capire più di quel che c’è da capire, capisce meno di tutti.

 

Iniziamo la Giornata Pregando

Signore Gesù, insegnaci a portare la nostra croce ogni giorno e a seguirti, con volontà di riparare i nostri peccati e quelli dell’umanità. Tu che ci hai salvato, rendici salvatori dei nostri fratelli: come tu hai dato la vita per noi, così fa’ che doniamo la vita per gli altri. Rendici gioiosi testimoni della tua risurrezione, e mantieni viva in noi la speranza della gioia che hai promesso ai tuoi fedeli. Amen

 

Massimiliano Maria Kolbe

nasce nel 1894 in Polonia. Entra tra i francescani e, mentre inizia il 2° conflitto mondiale, svolge un intenso apostolato missionario in Europa e Asia. Ammalato di tbc, dà vita al «Cavaliere dell’Immacolata». Nel 1941 è deportato ad Auschwitz. Lì Kolbe offre la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, compagno di prigionia: è il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha proclamato patrono del nostro secolo

 

La Parola di Dio del giorno (Matteo 19,3-12)

Si avvicinarono a Gesù i farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli».

 

La Riflessione del giorno (Detti e fatti dei Padri del deserto)

Un giorno alcuni confratelli uscirono dal monastero per visitare gli eremiti che vivevano nel deserto. Giunsero da uno che li ricevette con gioia e vedendoli stanchi, li invitò a mangiare prima dell’ora stabilita e mise davanti a loro tutto il cibo che aveva a disposizione. Ma quella notte l’eremita udì i cenobiti che parlavano tra loro e dicevano: “Questi eremiti mangiano più di noi del monastero”. Ora, all’alba gli ospiti partirono per visitare un altro eremita. E quando stavano per partire, il loro ospite disse: “Salutatelo per me e dategli questo messaggio: Sta’ attento a non bagnare le verdure”. Quando raggiunsero l’altro eremo consegnarono il messaggio e il secondo eremita comprese il significato di quelle parole. Così fece sedere i visitatori e fece loro intrecciare canestri e sedutosi con loro lavorò senza sosta. La sera, quando scese il buio, aggiunse altri salmi al numero abituale. Dopodiché disse loro: “Di solito qui non mangiamo tutti i giorni, ma poiché siete arrivati voi, è giusto oggi fare un po’ di cena”. Diede loro pane secco e sale e disse:” Ecco un banchetto speciale per voi”. Servì anche un po’ di salsa di aceto, sale e olio e li diede loro. Dopo cena ripresero a recitare i salmi, e continuarono a pregare quasi fino all’alba. A questo punto l’eremita disse: Bene, non possiamo finire tutte le nostre preghiere abituali, poiché siete stanchi a causa del viaggio. Sarà meglio che vi riposiate un po’. Loro volevano partire, ma egli continuava a dire: State un po’ con me. Non posso lasciarvi andare così presto; la carità richiede che vi trattenga per due o tre giorni. Ma essi, udendo ciò, aspettarono che si facesse buio e poi con il favore della notte fuggirono.

 

Intenzione del giorno

Preghiamo perché impariamo e pratichiamo la virtù dell’umiltà sia verso Dio sia verso il prossimo

 

Don’t forget…!

Vigilia dell’Assunta. Alle ore 18,00 nella chiesa della casa centrale si celebra la S. Messa prefestiva.

 

ANTONIO TARONI: è deceduto a Treviglio uno dei personaggi più noti nel mondo dell’artigianato orobico, il cavalier Taroni, che fu presidente della Unione artigiani di Bergamo e illustre protagonista nella vita civile e amministrativa della città. Trevigliese doc amava la “sua Treviglio” con l’affetto di chi sentiva di portarne dentro le caratteristiche di operosità e di senso di mutualità, due aspetti che gli erano congeniali. Aveva dedicato a Treviglio tutte le sue energie, anche in memoria riconoscente a una sorella, giovane insegnante che nel 1945 era morta tragicamente in un bombardamento aereo. In primo luogo l’esordio nella vita amministrativa cittadina, quale consigliere comunale del Partito liberale al cui interno ebbe anche cariche: fu consigliere negli anni Ottanta, anticipatore dell’ingresso in consiglio di Beppe Facchetti. Poi l’impegno di presidente provinciale della Unione artigiani, carica che mantenne per circa vent’anni. A Treviglio ha lasciato due testimonianze significative in campo sociale: fu presidente per alcuni anni del locale sottocomitato Cri, al quale portò la sua esperienza operativa e ideale contribuendo a sviluppare attività e numero di soci del sodalizio e fu anche nominato dal Comune quale rappresentante all’interno del Cda dell’allora Asilo Carcano, per il quale impegnò intensamente se stesso, con l’abituale abnegazione e spirito di servizio. Di carattere cordiale ed affabile, era amico di tutti e sempre disponibile nelle necessità del prossimo. Attivo in un’azienda di cascami di tessuto e poi in un negozio di antinfortunistica, lascia nel dolore la moglie e due figli.

CHERUBINO RAVASIO: E’ morto all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’imprenditore Cherubino Ravasio, 84 anni, fondatore nel 1963, con i fratelli Battista e Valentino, della storica azienda di cucine «Polaris» di Pontida. «Negli anni d’oro dell’azienda – ricorda il figlio Raffaele – arrivammo anche a 150 dipendenti. Papà ha dedicato la vita al lavoro e alla famiglia. Era uomo dalle grandi doti, buono, generoso, elegante, sempre pronto alla battuta, un vero signore d’altri tempi di cui sto scoprendo le grandi virtù anche in questi giorni di grande dolore». I tre fratelli Ravasio avevano ereditato la passione per la falegnameria dal nonno Raffaele. Si erano poi dedicati al settore delle cucine, costruendo un’azienda che, nel periodo più importante, divenne tra le dieci leader in Italia del settore. La crisi degli ultimi anni aveva poi costretto alla chiusura. «Ma papà Cherubino – continua il figlio – ha continuato ad essere generoso e a donare. Ci lascia un’eredità a livello umano, unica». Cherubino lascia la moglie Renata e i figli Raffaele e Milena.

ADRIANO PAULATO: E si è spento alla soglia degli 85 anni, anche Adriano Paulato, imprenditore tessile della Valgandino di origini venete. Era nato il 17 marzo 1935 ad Adria (Rovigo). A 18 anni, in seguito all’alluvione del Polinese, venne in Valgandino, dove dopo aver svolto diversi lavori negli anni ‘60 aprì l’azienda tessile «Paulato Adriano» che divenne poi «Ga.i.co», con sede a Gandino. Sposato con Ornella da lei ebbe i figli Roberta e Andrea, che ha preso le redini dell’azienda. «Era una persona di animo buono e gentile – ricorda il figlio – e nonostante fosse riservato, era conosciuto in tutta la Valgandino. Da una decina d’anni le sue condizioni di salute non gli permettevano di venire in azienda, ma l’ho sempre tenuto al corrente di come andavano le cose, ed era felice di questo». Da giovane, il suo desiderio era di diventare professore di lettere. Una passione che ha coltivato per tutta la vita: è infatti autore di quattro libri, ultimo dei quali terminato pochi mesi fa. Dopo aver vissuto a Leffe, da circa 40 anni viveva a Cene, sul monte Bue.