Riflessione del giorno

venerdì 17 febbraio ’17

By Patronato S. Vincenzo

February 16, 2017

 

 

nel riquadro una foto di Inge Morath

 

Proverbio della giornata (Kenia)

Noi non ereditiamo la terra dai nostri genitori, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli.

 

Iniziamo la Giornata Pregando (Beato Fra’ Tomaso da Olera)

“Io poverino, prostrato ai tuoi piedi e indegno di levare gli occhi al cielo, ti prego, per la tua morte crudele, di guardarmi con occhi di misericordia. Prima di guardare i miei peccati, guarda le tue mani, guardami attraverso i fori delle tue piaghe. Passino i tuoi occhi per quei fori e non sia la tua giustizia a cadere su di me, perché quelle ferite furono fatte dalla tua misericordia. Donami un cuore nuovo, affinché nascosto nella ferita del tuo fianco squarciato, io possa d’ora in poi amarti con amore puro, disinteressato. Concedimi un raggio di Spirito Santo affinché la sua luce rischiari la mia cecità e le tenebre non mi impediscano di vedere te, dolce riposo dell’anima mia”. 

 

TEODORO di AMASEA

Soldato romano, Teodoro era stato trasferito ad Amasea, in Anatolia (Turchia) al tempo dell’imperatore Galerio (IV sec.). Lì li raggiunse un ordine: tutti dovevano sacrificare agli Dei. Teodoro, cristiano, che si rifiutò, fu torturato, imprigionato e bruciato vivo.

 

Ascoltiamo la Parola di Dio del giorno (Marco 8,34-38.9,1)

Gesù disse: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà». Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». 

 

Riflessione Per Il Giorno (Don Primo Mazzolari)

Direte che non c’è un alto in politica e che, se mai, vale quanto la destra, la sinistra, il centro.  E’ vero che una nuova strada non cambia nulla se l’uomo non si muove con qualche cosa di nuovo, e che un paese può andare verso qualsiasi punto cardinale e rimanere qual è. Ma se gli italiani fossero d’accordo su questo fatto, la fiducia della toponomastica parlamentare sarebbe felicemente superata. Saper la strada o aver imbroccato la strada giusta non vuoi dire percorrerla bene o aver raggiunto la méta. Il fariseismo rivive in tanti modi e temo che questo sia uno dei più attuali. La giustizia è a sinistra, la libertà al centro, la ragione a destra. E siamo così sicuri delle nostre equazioni, che nessuno s’accorge che c’è gente che scrive con la sinistra e mangia con la destra: che in piazza fa il sinistro e in affari si comporta come un destro: che l’egoismo di sinistra è altrettanto lurido di quello di centro, per cui, destra, sinistra e centro possono divenire tre maniere di «fregare» allo stesso modo il Paese, la Giustizia, la Libertà, la Pace. L’alto cosa sarebbe allora? Una destra pulita, una sinistra pulita, un centro pulito, in virtù di uno sforzo di elevazione e di purificazione personale che non ha nulla a vedere con la tessera. Come ieri per la salvezza non contava il circonciso né l’incirconciso, così oggi non conta l’uomo di destra né l’uomo di sinistra, ma solo la nuova creatura: la quale lentamente e faticosamente sale una strada segnata dalle impronte di Colui, che arrivato in alto, si è lasciato inchiodare sulla Croce a braccia spalancate per dar la sua mano forata a tutti gli uomini e costruire il vero arco della Pace.

 

Intenzione del giorno

Preghiamo per i teologi e tutti coloro che dedicano la vita all’approfondimento delle verità cristiane.

 

Don’t forget

1927-2017: 90° di vita del Patronato S. Vincenzo di Bergamo: 1980-‘89

1980: nasce “don Milani” a Sorisole don Fausto Resmini

1988: don Berto Nicoli è il 3° superiore del PSV.

1989: Don Giuseppe Capelli è missionario in Bolivia

 

161 quadro della serie: “1000 quadri più belli del mondo”

 

 

Pieter Brueghel (1525-1569) è un pittore olandese che fu chiamato “il vecchio” per distinguerlo dal figlio che si chiamava pure Pieter Brueghel (il giovane). Come un fotografo della vita popolare del Cinquecento nelle campagne e città, egli racconta la vita quotidiana, con umorismo e con umanità, e nasconde nelle figure anche qualche segreto. Per la prima volta con lui il popolo acquista importanza: la vita in tutte le sue varie forme è la fonte inesauribile delle sue rappresentazioni. Questo si può notare nel gruppo di dipinti cosiddetti enciclopedici degli anni 1559-60: I proverbi, Giochi di fanciulli e il nostro quadro “Combattimento fra Carnevale e Quaresima”. Nella brulicante piazza di un paese il pittore mette in scena la lotta simbolica tra il Carnevale (metà sinistra) e la Quaresima (metà destra). Il primo è il grassone a cavallo di un barile e circondato da succulente pietanze; la seconda è la donna smunta e pallida che ha come “lancia” una pala con appena due aringhe, a fronte dello spiedo con polli infilzati del rivale. Il Carnevale è spinto da due uomini in maschera; la Quaresima è trainata da un frate e una monaca. A sinistra tutti sono intenti a mangiare, bere e alla rappresentazione di scene teatrali burlesche, mentre a destra sono inscenati sacrifici e sofferenze. Anche l’architettura identifica i due gruppi: a sinistra si vede infatti l’osteria, mentre a destra c’è la chiesa.

Al centro del dipinto la coppia di spalle è guidata da un buffone: la donna ha una lanterna spenta legata in vita, che allude all’avanzare al buio dei due credi religiosi dell’epoca, il Cattolicesimo = Quaresima, e il Luteranesimo = Carnevale. Si tratta però di una rappresentazione che non prende posizione, nel clima chiassoso e sarcastico generale. Entrambi i carri sono infatti guidati da follie e vizio e solo i poveri mendicanti, sparsi qua e là con la loro misera condizione rappresentata con realismo, appaiono come figure reali, nell’indifferenza generale. Fa eccezione solo la madre in basso a destra, che riceve un’elemosina da un uomo appena uscito dalla chiesa. Quest’ultimo però, per quanto colto in un atto caritatevole, veste panni rossi e azzurri, che simboleggiano il peccato e l’inganno, a ricordare come il suo atto generoso sia solo un modo ipocrita per considerare la propria anima lavata. Sul lato opposto va invece in scena una celebre farsa, tipica del periodo carnevalesco, la Sposa sudicia, ovvero un matrimonio zingaresco, e poco dietro è rievocato in maniera burlesca l’episodio di Ursone e Valentino, dal ciclo carolingio.