3. a settimana tempo di Avvento
Avvenne il 19 dicembre…
1842 – Gli Stati Uniti d’America riconoscono l’indipendenza delle Hawaii.
1916 – Termina la battaglia di Verdun.
1946 – Ho Chi Minh attacca i francesi ad Hanoi.
1972 – L’Apollo 17, ultima missione dell’uomo sulla Luna, rientra sulla Terra.
1984 – Regno Unito e Cina firmano la cessione di Hong Kong alla sovranità cinese dal 1997
Antifona della novena di Natale
“O Radice di Iesse, che ti innalzi come segno per i popoli, tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare!”.
Santo del giorno
Preghiera Colletta
Dio creatore e redentore, che hai rinnovato il mondo nel tuo Verbo, fatto uomo nel grembo di una Madre sempre vergine, concedi che il tuo unico Figlio, primogenito di una moltitudine di fratelli, ci unisca a sé in comunione di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen
Parola di dio Luca 1,5-25
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso.
Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccaria disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».
Riflessione di don Arturo Bellini su don Bepo
«Repellenze e attrazioni. Pecorume coi fanciulli. Temere le parzialità e vincere le repellenze». don Bepo Vavassori (1967-12-15). Don Bepo Vavassori come don Bosco, tirò su i suoi allievi con dolcezza e fermezza. I ragazzi, come sostengono i pedagogisti di ogni tempo, per crescere bene hanno bisogno dell’amore esigente del padre, e di quello amorevole, sereno e gioioso della madre.
L’amore paterno stimola all’impegno al raggiungimento delle mete. L’amore materno dà il gusto di vivere al di là dei risultati: consola nei giorni di sconfitta, ricorda al figlio che qualcuno gli vuol bene «non per quello che fa» ma «per quello che è». Rimanere orfani porta al rischio dello squilibrio affettivo. L’eccesso di cura materna induce mollezza e mancanza di stimoli a raggiungere grandi risultati; mentre l’eccesso di stimoli da parte del padre porta all’ansia. Nella vita di don Bosco, rimasto orfano presto, mamma Margherita trovò in sé stessa un istintivo equilibrio, che le fece unire e alternare la fermezza calma e la gioia rasserenante.
I figli sapevano che quando diceva no era no. E non c’erano capricci che le facessero cambiare parere. In un angolo della cucina – ricorda don Bosco – c’era la verga: un bastoncino flessibile. Non l’usò mai, ma non la tolse mai da quell’angolo. Quando un giorno Giovanni ne combinò una grossa (e chissà quante variazioni avrà avuto nella realtà di tutti i giorni questo episodio ricordato da don Bosco), Margherita indicò l’angolo: «Giovanni, vammi a prendere la verga». Il bambino si ritrasse verso la porta: «Che cosa volete farne?». «Portamela e vedrai».
Il tono era deciso. Giovanni la prese e porgendogliela da lontano disse: «Voi volete adoperarla sulle mie spalle». «E perché no, se me ne combini di così grosse?» «Mamma, non lo farò più». A questo punto, la mamma sorrise e sorrise anche il figlio. Questo equilibrio è il primo degli elementi educativi che stanno alla base della personalità di don Bosco, come pure di don Bepo Vavassori che univa fermezza e amabilità. E grande devozione mariana. “Madre di Dio Maria, tu sei la mamma mia”. Era invocazione abituale nella preghiera e nell’atteggiamento educativo.
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché viviamo il tempo di Avvento in spirito di preghiera e intensificando la carità verso il prossimo e la pratica della vita buona.
Don’t Forget! Novena di Natale 3° GIORNO
“O RADICE DI IESSE, CHE TI INNALZI COME VESSILLO PER I POPOLI, TACCIONO DAVANTI A TE I RE DELLA TERRA, E LE NAZIONI T’INVOCANO: VIENI A LIBERARCI, NON TARDARE!”.
Antifona dei vespri
L’immagine è suggestiva: la richiesta che segue si regge su due verbi: «O radice di Jesse, che ti innalzi come segno per i popoli, tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare!». Il testo è preso alla lettera da Isaia: «Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto si innalzerà dalle sue radici…In quel giorno la radice di Jesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia» (Isaia 11,1-10).
Jesse è il padre del re Davide e, in molte miniature medievali, è raffigurato l’albero di Jesse, germoglio che nasce dal padre della dinastia e cresce in un tronco dove i re d’Israele sono raffigurati in tanti medaglioni, sino a Maria e Gesù che ne sono la cima. È l’aspetto paradossale del mistero dell’incarnazione che celebriamo a Natale: una “radice” che non si vede, sepolta nella terra, si trasforma in “vessillo” in segno glorioso che è punto di riferimento per i popoli e di diventare calamita per l’intera umanità. E la radice che diventerà poi croce si fa “perno” del mondo, come dice il motto dei certosini: Crux stat, dum volvitur orbis: la croce sta, mentre il mondo gira! L’immagine della radice è ricca di spunti.
Ne proponiamo 3:
- a) RADICE = STABILITÀ. Una convinzione, un’abitudine, una visione delle cose è “radicata” quando è difficile smuoverla o cambiarla. Un monaco del secolo XII, Isacco della Stella, afferma che la persona piena di sé e che si crede autosufficiente, rischia la futilità, perché «le sue radici sono nel vento»! Chi mette le sue radici in Gesù non corre questo rischio. Si pensi alle radici dei fiori di montagna, ciclamini, genziane, stelle alpine, così difficili da estrarre dal terreno…
- b) RADICI = FONTE DELLA VITA. Non si vedono, ma si indovinano da ciò che da esse germoglia e fruttifica. Gesù ha pur detto, quando chiedeva di distinguere i profeti veri da quelli falsi: «dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,14.20). Quello che vediamo sono i frutti, ma non si danno frutti senza radici. E i maestri spirituali hanno sempre sostenuto che, se vogliamo eliminare i difetti, non possiamo accontentarci di tagliare qualche foglia malata: bisogna curare le radici! Come pure hanno detto: «È meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo».
- c) C’è un 3° significato: il poeta bretone Guillevic, si è paragonato alle «RADICI, CHE SCAVANO nel BUIO alla RICERCA di qualcosa da OFFRIRE alla LUCE». Fantastico! Significa allungare le nostre radici nel terreno perché, illuminate e rafforzate da quelle di Gesù al quale siamo attaccati, riescano a trovare nel buio della sofferenza qualcosa da esporre alla luce perché maturi in fiori e frutti.