Riflessione del giorno

venerdì 19 maggio ’17

By Patronato S. Vincenzo

May 18, 2017

 

Proverbio del Giorno

Il cane conosce il suo padrone, ma non il padrone del suo padrone. (Etiopia)

 

Iniziamo la Giornata Pregando (Preghiera dallo zimbabwe)

O Dio, apri i miei occhi per vedere il bisogno degli altri, apri le mie orecchie, per sentire le loro grida, apri il mio cuore, perché non rimangano senza soccorso. Fa’ che la rabbia dei forti non mi impedisca di difendere i deboli e la rabbia dei ricchi di difendere i poveri. Fammi vedere dove c’è bisogno di amore, speranza e fede e fammi diventare tuo strumento per portarli in quei luoghi. Apri i miei occhi e le mie orecchie, perché oggi io possa fare un’opera di pace per te. Amen.

 

CELESTINO V.

Pietro da Morrone fece vita eremitica. Diede vita ai “Fratelli dello Spirito Santo” (“Celestini “) e fondò vari eremi. Eletto papa a 80 anni, dopo 2 di conclave, prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, accortosi delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo in isolamento coatto. Giudicato da Dante “colui che per viltade fece il gran rifiuto “, oggi è considerato uomo di fede e forza d’animo, esempio di umiltà e di buon senso

 

La Parola di Dio del Giorno (Gv 15,12-17)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». 

 

Riflessione Del Giorno (LUOGHI COMUNI E FALSITA’ SULLA CHIESA CATTOLICA)

A sentire molti la Chiesa Cattolica non avrebbe condannato la pratica della schiavitù fino a tempi recenti. In realtà la Chiesa aveva fatto scomparire la schiavitù già nell’alto medioevo e S. Tommaso d’Aquino aveva affermato a chiare lettere l’immoralità della riduzione in schiavitù. Purtroppo si trovò a doverla fronteggiare di nuovo quando spagnoli e portoghesi iniziarono a ridurre in schiavitù i nativi del Nuovo Mondo. Papa Eugenio IV emanò la bolla Sicut dudum, che sanciva la scomunica per chi non rimettesse in libertà i suoi schiavi. Altri papi tra cui Pio II e Paolo III dovettero in seguito ribadire l’illiceità della schiavitù. Se si confrontano poi le libertà concesse agli schiavi in paesi cattolici con quelli protestanti, si nota che mentre nei primi era considerato doveroso che gli schiavi ricevessero i sacramenti così da potersi affrancare, nei paesi protestanti era vietato battezzare e liberare schiavi. Lo studioso Rodney Stark scrive: «La schiavitù sotto la bandiera spagnola non era condizione senza speranza, vita d’inferno, come per la maggior parte delle Indie occidentali britanniche».

 

Intenzione del giorno

Preghiamo per il Papa Francesco e per il papa emerito Benedetto XVI

 

Don’t forget!

19/05/1951: 66° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Martino Campagnoni: auguri!

 

169° QUADRO DELLA SERIE: I 1.000 QUADRI PIÙ BELLI DEL MONDO

 

Miskin era tra i migliori artisti dell’atelier del sovrano Moghul Akbar (1542-1605). L’impero Moghul fiorì dal 1526 al 1707; suo fondatore fu Babur il Conquistatore, discendente del conquistatore turco-mongolo Tamerlano. Scacciato dal suo territorio (l’attuale Uzbekistan) decise di conquistare l’India; il successore Akbar estese e consolidò il dominio Moghul dall’Afghanistan al Bengala e vi fece fiorire l’islam, in dialogo con l’induismo. Nell’atelier imperiale gli artisti si dividevano fra disegnatori, coloristi e miniatori: Miskin era un colorista specializzato anche nel disegno come prova il magnifico quadro che presentiamo. Esso fa parte del codice dell’Anwar-i-Suhaili, raccolta di fiabe indiane scritte in sanscrito e tradotte in persiano, illustrate da Miskin o da un suo allievo e rappresenta la favola degli animali che si lamentano col corvo di tutti i maltrattamenti subiti da parte dell’uomo. Nel dipinto si nota una commistione meravigliosa, piena di energia e vivacità fra figure mitologiche e animali reali, mentre la varietà di stili rivela contatti con le più importanti culture locali: l’iraniana (nel colore e struttura delle rocce) la cinese (cfr. i draghi, la gru e la fenice) mentre l’elefante e i cavalli sono di chiaro stile moghul. Il risultato finale è quello della rappresentazione di un mondo che è insieme reale (la natura è rappresentata con notevole adesione alla realtà) e fantastico dove trionfa grande ricchezza e varietà di forme, colori e linee sinuose che ci immergono nel favoloso mondo orientale da mille e una notte.