A Milanese citizen wears a protective face mask as walks in front of the shutters of closed shops due to the Coronavirus emergency, Milan , 16 April 2020. ANSA / PAOLO SALMOIRAGO

Riflessione del giorno

venerdì 24 aprile ’20

By Patronato S. Vincenzo

April 24, 2020

 

II Settimana del Tempo Pasquale

 

 

Fedele da Sigmaringen

Sacerdote e martire Nato a Sigmaringen, Germania, nel 1578, si laurea in filosofia e diritto all’università di Friburgo e accoglie l’invito del conte di Stotzingen, che gli affidava i figli e alcuni giovani perché li avviasse agli studi. Soggiornò in Italia, Spagna e Francia e impartì ai giovani allievi insegnamenti che gli diedero la fama di “filosofo cristiano”. A 34 anni, abbandonò tutto e tornò a Friburgo, ma da Propaganda Fide è incaricato di recarsi in Rezia, in piena crisi protestante. Le conversioni furono numerose, ma nel 1622 gli procurarono il martirio

 

Parola di Dio del giorno (Giovanni 6,1-15)

Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

 

Riflessione del Giorno (Cosa ci insegna il coronavirus) di don Davide Rota

2° INSEGNAMENTO

Gli uomini dell’occidente vivono come se non dovessero non morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto. Questo giudizio attribuito al Dalai Lama è forse un po’ sbrigativo nei toni, ma coglie la sostanza di come stiamo vivendo…Eh sì, non possiamo certo negare che si deve morire, ma abbiamo fatto di tutto per rimuovere dai nostri pensieri questa scomoda ospite che ci sta appiccicata addosso come ombra fin dalla nascita. E siccome l’Istat dice che in Italia l’aspettativa di vita è di 81 anni per gli uomini e 85 per le donne, ci siamo illusi che prima di quell’età di morire non se ne parla proprio. Anche perché oggi non esistono più i vecchi, ma solo “i diversamente giovani” che si godono la vita come ragazzi. Ma arriva il coronavirus che scombina tutto e spazza via ipocrisie e convenzioni, ricordandoci che la morte non rispetta le statistiche e dei diritti individuali se ne fa un baffo; non tiene conto né dell’età, né dei meriti, né delle precedenze, perché di per sé toccherebbe prima alla nonna di morire, piuttosto che alla giovane mamma; o al delinquente incallito piuttosto che alla brava persona. Ciò che sta capitando, contraddice ciò che è normale e logico: il comune senso di giustizia, il buon senso, le credenze religiose, le speranze umane, tutto è andato in crisi, meno lei, “la morte che –come dice Jorge L. Borges- è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare”. Ma chissà che questa tragedia ci aiuti a recuperare una sapienza antica: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sl 89). Il salmista ricorda che saper di morire è segno di sapienza; far finta di niente o negarlo lo è di stoltezza. L’esperienza di chi è finito in ospedale per il contagio, è stata di sentire la morte vicina: ebbene ci si è accorti che il sentimento non era la paura, ma il rimorso di non aver vissuto in pienezza e di lasciare le cose a metà…proprio come dice il Dalai Lama. In questi momenti ci si accorge di quanto sia superficiale chi si augura di morire nel sonno, senza accorgersi o in fretta, senza soffrire. La chiesa ha sempre fatto pregare i fedeli esattamente per il contrario (“a subitanea et improvisa morte, lìberanos Domine”) perché non capitasse di congedarsi dalla vita terrena senza l’opportuna consapevolezza e la dovuta preparazione. Non solo: ha sviluppato una vera e propria “ars moriendi” che prevedeva per il moribondo vicinanza e accompagnamento. Il nostro tempo invece spesso condanna il moribondo a fare il passo decisivo in completa solitudine e a non ricevere -come è capitato in questi tragici giorni- neppure l’onore, il ricordo e la preghiera dei propri cari. “Estote parati” dice Gesù nel Vangelo: «Come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo…(Perciò) tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Nella prospettiva cristiana la morte non è la fine, ma l’incontro con il Signore Risorto che introduce nella pienezza della vita: ecco perché bisogna stare pronti. Chi ha visto la morte sfiorarlo, capisce che ogni giorno di vita va vissuto con gioia, riconoscenza e stupore come se fosse il primo. Ma anche con piena coscienza e responsabilità e con l’impegno a lasciare tutto in ordine, come se fosse l’ultimo.

 

Intenzione di preghiera

Perché questa grave emergenza ci aiuti a vivere ogni giorno nella lode a Dio, nell’amore al prossimo e nell’impegno a fare del bene

 

Don’t Forget!

Il 24/04 è l’anniversario del GENOCIDIO ARMENO del 1915, che ha portato all’eliminazione dei due terzi della popolazione armena sul suolo turco. Il numero delle vittime oscilla intorno al milione.