Proverbio del giorno
«Solamente i grandi saggi hanno i più grandi difetti e sanno riconoscerli (Cina)»
Iniziamo la Giornata Pregando (Preghiera SS. Innocenti)
O Dio, che oggi nei santi Innocenti sei stato glorificato non a parole, ma col sangue, concedi anche a noi di esprimere nella vita la fede che professiamo con le labbra. Per Cristo nostro Signore. Amen.
SANTI INNOCENTI
I calendari liturgici orientali e occidentali hanno tutti questa festa. Nell’anno liturgico il racconto della «strage degli innocenti» (Mt 2,13-18) ha trovato la sua logica collocazione accanto al mistero del Natale. La festa e il culto dei santi Innocenti che «confessarono Cristo non con la parola, ma con la loro morte», ci ricorda che il martirio prima di essere un omaggio dell’uomo al suo Dio, è una grazia, un dono gratuito del Signore. Lodare Dio per il sangue di bambini innocenti non appare più un assurdo a chi sa guardare con fede l’Agnello, Gesù Cristo, trionfatore d’ogni male.
Ascoltiamo la Parola di Dio
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».
La riflessione del giorno (Charles Pèguy)
«Si mandano i figli a scuola, dice Dio. Io penso che sia perché dimentichino il poco che sanno. Si farebbe meglio a mandare a scuola i genitori. Son loro che ne hanno bisogno. Ma naturalmente ci vorrebbe una scuola di Me. E non una scuola di uomini. Si crede che i bambini non sappiano nulla. E che i genitori e le persone grandi sappiano qualcosa. Ora io ve lo dico, è il contrario. (È sempre il contrario). Sono i genitori, sono le persone grandi che non sanno nulla. E sono i bambini che sanno. Tutto. Perché essi hanno l’innocenza prima. Che è tutto. Anche la vita è una scuola, dicono. Vi si impara tutti i giorni. La conosco, questa vita che comincia col battesimo e finisce con l’estrema unzione. È un’usura perpetua, un costante, un crescente avvizzimento. Si scende sempre. Si riempiono d’esperienza, dicono; guadagnano esperienza; imparano a vivere; di giorno in giorno accumulano esperienza. Singolare tesoro, dice Dio. Tesoro di vuoto e di carestia. Tesoro di rughe e di inquietudini. Quello che voi chiamate esperienza, la vostra esperienza, io la chiamo dispersione, la diminuzione, la decrescenza, la perdita della speranza. Ora è l’innocenza che è piena ed è l’esperienza che è vuota. È l’innocenza che vince ed è l’esperienza che perde. È l’innocenza che è giovane ed è l’esperienza che è vecchia. È l’innocenza che sa ed è l’esperienza che non sa. È il bambino che è pieno ed è l’uomo che è vuoto».
Intenzione del giorno
Preghiamo perché sappiamo rispondere con coraggio a chi usa violenza e intimidazione contro i più deboli e indifesi
Don’t forget! – 246° quadro de “I 1.000 quadri più belli del mondo”
Pieter Paul Rubens (1577–1640) visse per settant’anni in un’epoca densa di avvenimenti politici e culturali a cavallo tra la fine del ‘500 e il ‘600, epoca in cui emergono in tutti i campi personalità che creeranno le basi della Storia Moderna: da Galileo Galilei, a Shakespeare, Bernini, Caravaggio, Bonomini; epoca in cui esplodono gli studi scientifici e domina la cultura della Controriforma.
Rubens può essere considerato l’archetipo dell’artista barocco che aprirà la via al tumultuante barocco nordico. Il quadro in questione ne è la prova: il dramma dell’uccisione degli innocenti da parte di Erode (Mt 2,13-18) offre a Rubens l’occasione per esibire tutte le caratteristiche del suo stile: la complessità, la pluralità dei punti di prospettiva, l’intrecciarsi dei motivi e delle linee di forza, la pienezza rigogliosa delle forme, lo splendore e la vivacità dei colori, il virtuosismo tecnico che gli permette di giungere a una definizione dell’opera precisa e preziosa.
Sullo sfondo ornato da edifici classici che compongono come una quinta teatrale, i soldati consentono a dei bruti di portare a termine la strage dei bambini di Betlemme e dintorni, inutilmente ostacolati dalla disperata opposizione delle madri. I personaggi sono raggruppati in tre momenti distinti: a sinistra il primo gruppo con due donne che aggrediscono uno dei due boia nel tentativo di sottrargli il figlioletto che l’altro sta per infilzare con la spada. A terra un’altra madre abbraccia il corpicino del figlio tra quelli esanimi degli altri bimbi sparsi sul pavimento Nel gruppo di centro alle braccia alzate delle donne (quattro) fan da contrappunto le lance e alabarde dei quattro soldati: nell’ombra questi ultimi, in piena luce le madri. Nel gruppo di destra infine il padre di un bimbo cerca di trattenere l’uomo armato di coltello di cui la madre non esita ad afferrare la lama per impedirgli di portare a termine il delitto. Rintanato nell’interno del palazzo si intravede il re Erode che ha fatto esporre il decreto della strage su un pilastro. La scena si svolge in piena luce ed è drammaticamente spettacolare e incredibilmente mossa, con precisa attenzione ai dettagli; è caratterizzata dalla ricchezza e vivacità di stoffe e colori…il che se da una parte attenua il dramma, dall’altra lo amplifica nel groviglio dei corpi, nella teatralità dei gesti, nell’espressività dei volti. L’influsso della pittura di Carracci e di Caravaggio che Rubens ha assorbito negli otto anni passati in Italia dà origine a un modo tutto suo di dipingere: quel “barocco tumultuoso” che fa di lui un grande maestro e che segnerà nel profondo l’arte non solo fiamminga ma europea degli anni a venire