nell’immagine un dipinto di Charles West Cope
XIII Settimana Tempo Ordinario
Proverbio (Navajo)
Meglio avere meno tuoni nella bocca e più luce nella mano.
Iniziamo la giornata pregando
Signore, metti sulle mie labbra parole rette e giuste, affinché io cresca in fede, speranza e amore, nella purezza e umiltà, nella pazienza e obbedienza, nel fervore dello spirito e del cuore. Donami la luce di cui ho bisogno. Fa’ che sappia adattarmi al carattere, alle disposizioni e capacità di ciascuno e impari ad accettare i suoi limiti, secondo i tempi e i modi che tu giudicherai convenienti. Amen
Tommaso
Apostolo Chiamato da Gesù, gli facciamo torto ricordando solo il suo momento famoso di incredulità: lui è ben altro che un seguace tiepido. Ma credere non gli è facile: dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia. Dopo la morte e risurrezione del Signore, esige di toccare con mano, ma quando Gesù viene esclamerà: «Mio Signore e mio Dio!». A metà del VI secolo, un mercante scrisse di aver trovato nell’India meridionale gruppi di cristiani e di aver saputo che il Vangelo fu portato in quelle terre lontane dallo stesso S. Tommaso apostolo
Ascoltiamo la parola di dio (Gv 20,24-29)
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
Riflessione Per Il Giorno (Frasi di Bruce Marshall)
È male fare il male a fin di bene…Il cristianesimo è insolito, è questo il suo principale inconveniente. Il più grande delitto commesso del secolarismo contro l’umanità è di averla defraudata di un degno motivo per le sue fatiche…La carità è fatta di smeriglio da una parte ed ovatta dall’altra e lui si era fatto prete proprio per farsi male per amore del Signore…La Chiesa di Dio, disse Gaston, era una nave sull’oceano, una lampada nel buio, un lago nel deserto, un fuoco ardente in una notte d’inverno. La misericordia di Dio è una fune lunga e forte, e non è mai tardi per aggrapparvisi…La realtà era realtà non perché uno la sentiva o non la sentiva, ma perché esisteva.
Intenzione del giorno
Perché i cristiani rendano presente in ogni ambiente di vita la parola divina di amore e di pace
Come il cappone regalatogli a Natale, che egli si vergogna di mangiare mentre famiglie intere soffrono la fame: lo fa così recapitare nella casa di una povera donna, che ha partorito da pochi giorni. E poiché i malati sono anch’essi poveri, non solo di salute ma anche di cure e di assistenza, getta le basi dell’ospedale, visita i poveri nei loro tuguri, costruisce un ospedaletto per i lebbrosi e un altro per i malati colpiti dal fuoco sacro. Costruisce quattro cappelle ai 4 punti cardinali (dedicate a S. Lazzaro, S. Bernardo, S. Stefano e S. Pietro) quasi a realizzare un’immaginaria croce a protezione della città. Finiscono per affidargli la Collegiata di San Giovenale (futura cattedrale), ma la trova talmente in cattive condizioni da sentirsi in dovere di riedificarla. Durante questi lavori i suoi contemporanei sono spettatori di cose prodigiose: il muratore che cade dall’impalcatura della torre campanaria e si alza senza un graffio non appena egli lo prende per mano; il carro stracarico, sprofondato nella melma, riparte dopo una sua benedizione. Un uomo così nessuno lo ferma, neppure una pestilenza. E si butta talmente in prima linea nell’assistere gli appestati da esserne lui stesso contagiato. Ed è proprio la peste ad ucciderlo, il 7 luglio 1400, quando ha appena 56 anni, tutti spesi per Dio e per i più bisognosi. Solo nel 1808, Pio VII gli concederà l’aureola di Beato.
Capitano d’industria, altruista, ma soprattutto un uomo tutto d’un pezzo. Questo il ritratto di Italo Pilenga di Urgnano. Nato nel 1937, l’ottantaduenne era animato dallo spirito dell’impresario, un’attenzione all’innovazione e uno sguardo sempre puntato al cambiamento. Elementi immancabili della sua attività nel gruppo Europizzi, di cui era fondatore, ma che ha sempre declinato anche nell’ambito associazionistico. Tra le sue attività, centrale quella nei Bersaglieri, dove ricoprì cariche e ruoli ai vertici regionali e nazionali. Una dedizione che non mancò di manifestare durante l’adunata degli Alpini bergamasca, vestendo le mura venete di stendardi tricolori. Leader intraprendente, Italo era generoso, disponibile, dinamico e profondamente dedito al suo paese, per il quale non si tirava mai indietro. Nemmeno davanti a una cordata con altri imprenditori volta a restaurare il campanile di Urgnano. “Mio padre era una persona veramente altruista – ha raccontato il figlio Paolo – ha dato veramente tanto ad Urgnano e ha fatto molto per la sua comunità”. In paese lo ricordano tutti come un benefattore, una persona disponibile e propenso ad aiutare il prossimo. Lo stesso amore che non ha mai mancato di trasmettere ai figli Paolo, Carlo, Elena e alla moglie Ornella.