IL MARE È #MARPARABOLIVIA – È questo lo slogan del 23 Marzo, ripetuto a gran voce quasi come un mantra durante il corteo che attraversa La Paz per commemorare la sconfitta subita contro il Cile durante la guerra del Pacifico, 1879-1884, e soprattutto per chiedere ancora una volta, proprio al governo cileno, la restituzione della provincia di Antofagasta, conquistata dal vicino stato proprio grazie a quel conflitto. La marcia, che attraversa le principali vie della città, si conclude simbolicamente in Plaza Eduardo Abaroa Hidalgo, eroe nazionale che si arruolò volontario nelle file dell’esercito boliviano e guidò la resistenza contro il Cile nel 1879, quando morì.
Fig. 1 – Un momento della manifestazione del 23 marzo (foto di Daniele Bordoli)
ANTOFAGASTA, I FATTI – Le province di Antofagasta e di San Pedro di Atacama, all’epoca parte integrante dello stato boliviano, erano aree ricche di guano e salnitro, materiali preziosi e vendibili sui mercati internazionali a un buon prezzo. Nonostante la giurisdizione boliviana, la maggioranza delle imprese estrattrici era cilena a capitali britannici. I trattati stretti tra i governi coinvolti (Cile, Perù, Bolivia) riguardavano quindi non solo la definizione dei confini, ma anche l’imposizione di tasse sull’attività estrattiva. Nel 1873 venne siglato un accordo direttamente con la Compañia de Salitres y Ferrocarríl de Antofagasta, che non venne però ratificato dal parlamento di La Paz, che stava lavorando a un altro accordo con il governo del Cile. L’aumento delle imposte a 10 centesimi di dollaro al quintale esportato venne visto come un affronto e una violazione da quest’ultimo, e in risposta il prefetto boliviano di Cobija decise di chiudere le miniere di salnitro della Compañia. Il 14 febbraio 1879 le truppe cilene entrarono nel territorio boliviano sul Pacifico e ne presero possesso. La guerra, che vide coinvolto e sconfitto anche il Perù, alleato boliviano, terminò nel 1884 ma i trattati di pace tra Cile e Bolivia vennero firmati solo nel 1904, quando venne definitivamente riconosciuta la sovranità cilena sulla regione di Atacama.
IL MARE NELLA CULTURA POPOLARE BOLIVIANA – Nonostante l’accordo del 1904, la storiografia boliviana parla espressamente di “furto” e di “cittadini boliviani sequestrati in Cile”. E il 23 marzo è il tripudio della propaganda in questo senso: non è infrequente vedere anziani che piangono pensando al Litoral perdido, le bandiere blu del mare (o Pabellòn Naval, ideata nel 1966 è composto dalla bandiera statale nell’angolo in alto a sinistra insieme alla bandiera dei popoli di Bolivia, circondati da 9 stelle che rappresentano i dipartimenti del Paese e da una stella separata che rappresenta il dipartimento costiero, su fondo blu) sventolano nelle piazze, bande dell’esercito si esibiscono tra due ali di folla mentre bambini, studenti e dipendenti pubblici sfilano fino a un palco dal quale il presidente tiene un discorso solenne il cui leit-motiv è “Mar nos pertenece de derecho“, il mare ci appartiene di diritto. L’indottrinamento sul tema è evidente, e non conosce distinzione di etnia o di classe sociale. Sono in pochi a riconoscere la perdita dello sbocco al pacifico come conseguenza di una sconfitta militare, piuttosto che di un saccheggio.
Fig. 2 – La bandiera blu del mare, ideata in Bolivia nel 1866 (foto di Daniele Bordoli)
IL CONTENZIOSO INTERNAZIONALE – Il 24 aprile 2013, il governo boliviano presieduto da Evo Morales ha chiesto ufficialmente alla Corte Internazionale di Giustizia de L’Aia di rivedere i trattati del 1904 per trovare una soluzione più equa, che permetta alla Bolivia il libero accesso all’Oceano Pacifico e il ritorno alla sovranità su alcuni di quei territori. Il 24 settembre 2014 la Corte ha rigettato il ricorso del Cile e a breve dovrebbe essere pronta a esprimersi dopo il periodo di riflessione e valutazione.
LA BOLIVIA E L’UNITÀ NAZIONALE – Il pensiero e la speranza di riottenere il mare, misti all’astio per il governo cileno, accusato anche di detenzioni arbitrarie e torture ai danni di cittadini e giornalisti boliviani, sono ciò che più unisce il popolo boliviano. Scritte sui muri, cori allo stadio e cori per la città ripetono sempre la stessa cosa: mar para Bolivia. Ma la decisione dell’Aia sarà una delusione, una festa o l’ennesima occasione per Evo di rafforzare la leadership e chiedere un nuovo referendum riguardo la possibilità di una nuova elezione?
Daniele Bordoli
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