Cercare di spiegare la mia esperienza con delle semplice parole, scritte davanti ad uno schermo di computer, è un’impresa quasi impossibile per me; senza considerare il fatto che, in questo modo, non verrebbe mai resa piena giustizia ad un progetto come quello de La Ciudad de los niños.

Impossibile descrivere pienamente il rapporto instaurato, in pochissime settimane, con le persone che vivono la comunità ogni giorno; le numerose e contrastanti sensazioni provate lungo tutto il mio percorso; le quotidiane reazioni alla completa immersione nel contesto culturale del controverso popolo boliviano.

Impossibile raccontare le storie, i volti, gli sguardi, le emozioni, di tutti quelli che ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere in questo brevissimo cammino; e non parlo solo dei bambini e dei ragazzi de La Ciudad. Impossibile raccontare di Leo, Semil, Grisdel, Brandon, Franklin, Carlos, Ramiro, di Padre Gianluca e della Hermana Augusta; dell’esperienza di Pocona, del Campo e dei Campesinos. Queste sono tutte storie, di momenti e di persone, di pensieri e di parole, che difficilmente riuscirò a descrivere nella loro pienezza; ma di cui conserverò gelosamente il ricordo finché ne avrò la possibilità.

Eppure, nonostante questa mia palese difficoltà narrativa, mi sembra quanto mai doveroso provare a raccontare brevemente cos’è La Ciudad e come io abbia cercato di ripagare quotidianamente l’affetto, l’ospitalità e l’enorme umanità che mi è stata dimostrata sin dal primo giorno.

Un racconto che non può non partire dalla base; dal cuore pulsante della comunità e da tutti quei piccoli individui che contribuiscono a rendere questo pezzo di terreno della periferia di Cochabamba un posto meraviglioso, nonostante un passato troppo severo ed un presente pieno di sfide.

Questi sono solo alcuni dei circa ottanta, tra ragazzi e bambini, che abitano le sette case-famiglia attualmente presenti nella sede centrale de La Ciudad. Insieme ai propri educatori, che vivono stabilmente in queste case con le proprie famiglie, ogni giorno si cerca di dare alla comunità un’impronta quanto più vicina possibile a quella di un vero e proprio nucleo familiare: ogni casa ha il proprio punto di riferimento, le proprie regole e le proprie responsabilità, i propri affetti e i propri dissapori, problematiche e punti di forza. Una sensazione che si avverte palesemente ogni volta che si ha la possibilità di varcare ciascuna di quelle soglie. Ma La Ciudad non è solo questo. Non ci sono solo le case-famiglia ed i ragazzi affidati a Padre Gianluca ed i suoi collaboratori. All’interno della sede centrale gravita un numero impressionante di bambini e adolescenti provenienti da tutto il quartiere circostante. Arrivano qui ogni mattina per frequentare i diversi livelli scolastici offerti; da quello prescolare agli istituti tecnici.

Alle case-famiglia e a tutti gli istituti scolastici presenti all’interno de La Ciudad, compresi alcuni laboratori, devono essere aggiunte delle attività che offrono un servizio interno alla comunità e a disposizione di eventuali interessi esterni. Attività come la cucina di Benicia, la panetteria e, soprattutto, la falegnameria di Carlos: un’officina dove ho spesso lavorato a stretto contatto con niños di età diverse, che (sempre con i ritmi che tanto caratterizzano la Bolivia) hanno la possibilità di imparare un mestiere quando non sono impegnati con le attività scolastiche. D’altronde lo stesso Carlos è un “figlio” di vecchia data de La Ciudad.

Tutti questi elementi danno l’idea di quante persone gravitino intorno a questo progetto, ma il quadro non è ancora completo. Al di fuori dei confini principali de La Ciudad, esistono tante altre realtà collegate ad essa: prima fra tutte, la sede distaccata di case-famiglia presente nella zona amazzonica del Chapare, che ospita una ventina di bambini. Purtroppo, cause di forza maggiore (ossia una frana sull’unica strada percorribile) non mi hanno permesso di vedere con i miei occhi questo altro contesto, ma al quale è legato uno dei momenti più intensi e formativi della mia esperienza.

Pochi giorni prima del mio ritorno in Italia, infatti, ho avuto l’opportunità di accompagnare l’inesauribile Padre Gianluca in un piccolissimo villaggio immerso nel pieno del Campo boliviano; nella provincia di Carrasco, a circa 4 ore di macchina da Cochabamba, nella direzione che porta a Santa Cruz.

Il motivo della trasferta era da ricondurre all’immane sforzo che il Padre ed i suoi collaboratori stanno cercando di portare avanti negli ultimi anni: ricostruire il quadro familiare di ogni singolo bambino, avviare una serie di contatti preliminari e cercare di risolvere le cause (ovviamente nei limiti del possibile) che avevano portato all’allontanamento dei minori, cercando di aiutare in qualsiasi modo necessario le famiglie di origine. Alla luce di ciò e dopo tanto lavoro, per la prima volta dopo anni, molti bambini hanno avuto la possibilità di tornare a casa nel proprio contesto di provenienza (dopo attenta valutazione e costante monitoraggio) per alcuni giorni di vacanze natalizie. Tra questi bambini ci sono tre fratelli, ospiti della struttura amazzonica, che sono inconsapevolmente diventati i protagonisti di questa significativa esperienza.

Ritornando alla struttura organizzativa de La Ciudad, mancano da citare altre due realtà: la Casa Agricola, situata nella provincia Cochabambina di Quillacollo, che ha sempre avuto la funzione di istituto tecnico in campo agricolo e che continua ad essere vissuta dai bambini de La Ciudad come meta di vacanze in compagnia di animali e tanto verde (ormai diventato raro, purtroppo, in tutta la Bolivia). L’altra realtà, infine, è quella della Casa dei Giovani (dove ho spesso lavorato per aiutare a concludere una nuova struttura di accoglienza). Situata nel quartiere di Condebamba, a pochi chilometri dal centro de La Ciudad de los niños, ha la funzione di ospitare i ragazzi più grandi che, superata l’età per restare nelle case-famiglia, cominciano ad organizzarsi una vita futura in autonomia  (sempre comunque seguiti e aiutati). La Ciudad de los niños infatti non ti abbandona mai: una volta entrati in contatto, si creerà inevitabilmente un vincolo che fungerà da punto di riferimento anche quando si saranno oltrepassati i suoi cancelli.

Oltre ai tanti lavori di manutenzione di cui La Ciudad necessita costantemente, l’occasionale assistenza a amministratori e educatori in casi particolarmente eccezionali e i tanti servizi fotografici in giro per la comunità, ho avuto la fortuna di essere impegnato in un’attività quotidiana a contatto diretto con i bambini, che mi ha permesso di conoscerli meglio e di instaurare con molti di loro un rapporto che ricorderò per sempre.

La banale scusa per questo “corso” pomeridiano della durata di due ore e mezzo era, naturalmente, il calcio. L’intenzione alla base di questa semplice attività, invece, era la voglia di offrire un momento di sfogo organizzato a questi piccoli esserini instancabili (nella speranza -vana- di vederli crollare dal sonno dopo cena), impostando un minimo di disciplina e qualche piccolissima nozione calcistica.

Ritornando alla premessa fatta all’inizio, quello che ha significato per me un’esperienza simile e ciò che ho ricevuto in termini di emozioni, sensazioni, considerazioni e consapevolezze, non può essere spiegato a parole ma deve essere necessariamente vissuto.

Diego Fionda, volontario IBO Campo di Lavoro e Solidarietà a Cochabamba (Bolivia)