P. ANTONIO BERTA
Nel grande affresco che ricopre interamente la parete di fondo della Chiesa della Ciudad del Niño a Cochabamba e ne illustra più e meglio di tanti statuti il programma, colpisce l’immagine del Padre Eterno: i tratti del volto sono quelli duri e spigolosi di un vecchio indio dell’altipiano, ma la lunga barba, le braccia aperte all’accoglienza dei bimbi che lo circondano, lo sguardo carico di tenerezza… fanno pensare a colui che di questa città del fanciullo è stato ideatore, fondatore, guida e padre: don Antonio Berta. Cresciuto alla scuola di don Bepo Vavassori, don Antonio ne aveva assimilato e condiviso valori, ideali e scelte concrete a tal punto che, quando dal lontano Paese latino-americano era giunta insieme alla notizia della drammatica condizione di tanta infanzia boliviana, anche l’esplicita richiesta di aiuto e intervento, egli non aveva esitato a partire. Non renderemo mai grazie a sufficienza al coraggio, anzi all’audacia e alla capacità visionaria di questo pioniere che non si è fermato davanti a nulla e ha pensato in grande la sua opera, anzi non ha avuto paura di esagerare nei progetti perché si è lasciato guidare fino in fondo da ciò che il cuore suggeriva e la fede ispirava. Gente come lui conosceva un solo modo di affrontare le situazioni difficili: buttarsi dentro senza paura, sospinto dall’urgenza del compito che nasce dalla vocazione sacerdotale e missionaria, senza altro paracadute che la sconfinata fiducia nella Grazia e Provvidenza divina. Insuccessi, delusioni, fallimenti non sono mancati, ma P. Berta non perdeva mai il buonumore: qual era il segreto di tanta contagiosa serenità? Se come S. Paolo poteva affermare con sicurezza “so bene in chi ho creduto”, di suo però aveva il sano realismo di chi avendo conosciuto fino in fondo le debolezze dell’uomo, non se ne spaventa né se ne scandalizza più come fanno i benpensanti e si preoccupa solo di fare il bene senza illudersi e senza pretendere nulla in cambio, perché la ricompensa è già data in anticipo e si chiama Gesù Cristo. Chi ha visitato la Ciudad del Niño di Cochabamba, si sarà certamente accorto che l’imponente complesso rivela a tal punto la personalità di chi l’ha concepito e fatto crescere, da far sorgere più di un dubbio sulla possibilità che alla morte di P. Antonio l’opera potesse continuare a esistere senza il fondatore. In realtà, come tutte le cose belle che nascono dal cuore dell’uomo, ma si sviluppano misteriosamente nel solco della grazia e nell’ombra della provvidenza di Dio, anche la realizzazione nata dal cuore di don Berta è sopravvissuta alla sua morte, perché -ci assicura S. Paolo nella 1.a lettera ai Corinzi- la carità non ha fine né l’avrà mai. Dopo Luciano e Terry Invernizzi, don Matteo Cortinovis e Fulvio Diploma, a dirigere la Ciudad è stato chiamato don Gianluca Mascheroni, 41 anni di vita e 12 di ministero pastorale, che si trova in Bolivia da pochi mesi. Dopo il ministero pastorale ad Albino come curato e in Seminario come educatore, è partito per la missione con l’entusiasmo di chi ha finalmente potuto realizzare il sogno della vita e sta prendendo le misure di una realtà che lo appassiona e coinvolge ogni giorno di più. La comunità del Patronato ha piena fiducia nel fatto che questo bravo giovane prete interpreterà al meglio il ruolo di padre di tanti orfani, direttore di un’opera così importante, maestro di educatori e formatori, missionario in terra boliviana. Tenera è la notte quando dal verde spiazzo davanti alla Chiesa della Ciudad la vedi scendere su Cochabamba: poco a poco si accendono le luci su in alto nella volta stellata del cielo e giù in basso nell’ampia conca in cui si distende la città, mentre il profumo dei fiori tropicali e il respiro dei molle e degli eucalipti si diffonde intorno. Nello spiazzo silenzioso la luce della lampada sulla tomba del papi rassicura che Qualcuno veglia sulle casette, protegge i piccoli ospiti, guida e sostiene formatori e responsabili, tiene viva nel buio del mondo la fiammella debole e invincibile della carità divina.