Siamo Matteo e Valentina, ci siamo sposati a fine settembre 2015 e una settimana del nostro viaggio di nozze ha visto come meta la Bolivia, in particolare Cochabamba e la Ciudad de los Ninos.Ci piacerebbe rendervi partecipi di quanto abbiamo visto e toccato con mano nei giorni della nostra permanenza alla Ciudad.

..CIUDAD..

diciamo che si tratta proprio di una città; con tante casette (due per i maschi, due per le femmine e una per le 3 bimbe più piccole) semi indipendenti, scuole attrezzate per grandi e piccoli che vedono l’ingresso di studenti anche esterni alla comunità stessa, una cucina, saloni, uffici, spazi esterni per divertimento e svago, senza dimenticare la falegnameria, i vari laboratori, gli orti, gli animali e tanto spazio che, con un po’ di buona volontà e qualche aiuto economico, potrebbe migliorare ancora di più la qualità dei servizi offerti.

..NINOS..

perché qui i protagonisti sono i bambini/ragazzi dai più piccoli, di qualche anno, ai più grandi (18enni) che sono pronti, o quasi, ad affacciarsi al mondo esterno, alla ricerca di stabilità economica, emotiva e lavorativa.

Abbiamo parlato di “casette semi indipendenti” sí perché i ragazzi, suddivisi tra maschie femmine in case differenti, imparano fin da piccoli a gestire le proprie cose, a pulire la casa, a ordinare, a lavare i piatti e così via, l’unica cosa che, per ora, non possono fare nelle case è cucinare. Abbiamo detto “per ora” perché il progetto è quello di rendere autonome le case anche sotto questo punto di vista, ed alcuni lavori sono già iniziati all’interno di una struttura della Ciudad.

Oltre a ciò si vorrebbe superare la suddivisione maschi/femmine di modo che bambini e ragazzi si rendano effettivamente conto delle differenti esigenze di ciascuno e possano di conseguenza aiutarsi a vicenda.

Infine nella Ciudad è presente anche una struttura per i 18/19enni che si preparano ad una vita indipendente e che quindi stanno cercando, con l’aiuto di Padre Gianluca, casa e lavoro.

Ovviamente Padre Gianluca non è solo in tutto questo: nella comunità è presente una psicologa ed in ogni casa c’è almeno un educatore che segue “los Ninos” per tutto il giorno; danno il loro aiuto anche alcune ragazze del servizio civile internazionale: per i prossimi mesi saranno presenti una ragazza romana, una di Torino e un’americana.

Non ci crederete ma non è tutto qui: una piccola “Ciudad” si trova anche nella zona tropicale, al limite della foresta amazzonica, in Chapare, a 180 km di distanza da Cochabamba (4 ore di viaggio su strade che noi non ci immaginavamo neanche) tra “platani” (piante di banane), insetti e animali di ogni genere, un clima molto umido e caldo, tanta natura, ma anche tanta povertà!

Il silenzio notturno è interrotto soltanto da grilli, canti di uccelli e del gallo che alle 3 dà il buongiorno!

Qui, nella foresta, un’altra piccola comunità di una quindicina di ragazzi, seguiti da un’educatrice boliviana e affiancati dalla presenza di un’attenta cuoca, cercano di trovare conforto dopo anni di vita precaria e difficoltà familiari, accudendo galline, mucche, maiali, gatti e un cane, condividendo tra loro momenti di svago e gioco. Cercano serenità ma, soprattutto, affetto.

C’è poi un’altra struttura che abbiamo visitato durante la nostra settimana di permanenza in Bolivia: si tratta di uno spazio di circa 6 ettari, ora adibito a collegio/scuola agricola, a circa due ore di macchina da Cochabamba; con la chiusura dell’anno scolastico a dicembre l’idea è quella di convertirlo in luogo di attività e spazio ricreativo per ragazzi con disabilità; per far questo ovviamente c’è bisogno di una ristrutturazione totale del complesso. L’obiettivo è ambizioso, le risorse sono ancora da ricercare ma il risultato potrebbe essere molto importante per la Bolivia.

Ma com’è il mondo dietro a queste piccole realtà?

I temi che si possono trattare sono molteplici: dall’abuso di alcolici, che sfocia nella violenza familiare, alla povertà estrema, soprattutto nelle zone contadine; nella zona equatoriale le piantagioni di coca sembrano dare una vita più agiata ai contadini, ma nello stesso tempo danno anche una dipendenza mai vista prima. Ma non spetta a noi discuterne in questa sede. Si tratta di “problemi” molto complessi che vanno affrontati, capiti e metabolizzati sul campo,direttamente a contatto con le realtà.

Ora siamo in Italia e cerchiamo di fare un bilancio e “portarci a casa” qualcosa. La prima impressione è che noi siamo fortunati: abbiamo una famiglia, genitori che ci vogliono bene e che pensano alla nostra salute anche quando siamo fuori casa, amici con cui condividere i divertimenti, una casa calda che ci accoglie tutti i giorni, uno stipendio che ci permette una vita agiata, una televisione, un cellulare, un computer e tanta tecnologia che ci fa avere tutto a portata di mano, senza fatica.
Da questa prima conclusione, subito un’altra: siamo fortunati per l’amore che ci circonda e che forse manca a tanti bambini in Bolivia, ma tante cose materiali che possediamo, e di cui già i bambini d’oggi non riescono a fare a meno, sono superflue e te ne rendi conto soltanto quando incontri persone che riescono a vivere felici anche senza.
Faremo tesoro di tutto ciò, iniziando a considerare lo spreco che ci accompagna nel quotidiano, in casa e al lavoro, e valutando un po’ più con cautela le proposte di spesa che ci si presenteranno.
In questo modo non pensiamo di aiutare la Bolivia ma ci rendiamo almeno più consapevoli del mondo in cui viviamo.

Matteo e Valentina